Sarà l’Oriente con le sue suggestioni queer uno dei protagonisti del 23esimo GLBT Film Festival di Torino in programma dal 17 al 25 aprile (un giorno più del solito, ben venga). La retrospettiva sarà infatti intitolata ‘j-ender: big bang love in Japan’, a evocare un Takashi Miike molto amato dagli organizzatori, e avrà il compito di ricostruire la storia del cinema gay giapponese dagli anni ’60 a oggi, dalla cosiddetta ‘nuberu bagu’, una sorta di nouvelle vague del Sol Levante, passando per i softcore detti ‘pinku eiga’, cioè ‘film rosa’, fino ai cartoon Anime più espliciti e dichiaratamente omo. Collabora l’associazione orientofila Neo(N)eiga. Strettamente connesso a questo sguardo rivolto ad est è l’omaggio dedicato a Stanley Kwan, regista hongkonghese mai distribuito in Italia, autore di suggestivi melò intimisti quali Hold You Tight, Lan Yu e Everlasting Regret che saranno presentati a Torino dal regista stesso.
Nella sezione più aperta agli sperimentalismi estremi, ‘Voice Over’, troviamo anche un omaggio a Terence Koh, autore di curiose e quotatissime opere monocromatiche realizzate con materiali molto diversi tra loro quali capelli, cenere, gioielli e farfalle. Col supporto della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo si potrà vedere ‘God’, film-manifesto di cinque ore in 16 mm che rappresenta la summa della poetica di Koh (in sala se ne vedrà un estratto, in galleria integrale).
Le icone celebrate dal Togay saranno tre: l’immortale Divine nel ventennale della scomparsa, ricordata con la proiezione di ‘Lust in the Dust’ di Bartel e l’immagine-regalo di Francesco Vezzoli che sarà il manifesto della 23esima edizione – contestata dal Museo del Cinema che giudica ‘molto forte’ – in cui appare il volto della star di Waters rigato da una goccia di sperma colorato (in origine doveva promuovere la casa d’aste Sotheby’s e la fonte era un eccitato cowboy!) sovrapposto al viso dell’autore in un gioco di trasparenze; l’outed Jodie Foster che il direttore Giovanni Minerba spera di avere sotto la Mole (ma dopo le defezioni di Moreau e Dallesandro sembra un po’ una boutade); la cantante simbolo della Movida madrilena, Alaska, musa del primo Almodóvar.
Imperdibile l’omaggio a uno dei più interessanti registi gay contemporanei, il francese Sébastien Lifshitz di ‘Presque rien’ e ‘Wild Side’, lirico cantore di una marginalità senza concessioni allo stereotipo, incarnata da personaggi intensi, costantemente alla ricerca delle proprie radici. Come giustamente ricorda il curatore Cosimo Santoro, si tratta di “un regista di grande talento che fa un discorso rientrante appieno nei temi del festival, sulla ricerca e l’inquietudine. Ora sta girando un nuovo film gay tra Francia e Germania”. Da segnarsi anche l’interessante focus sul cinema queer portoghese nella sezione ‘Europa Mon Amour’.
Bella l’idea di recuperare alcuni film ‘invisibili’ in una nuova sezione pot-pourri dal titolo ‘Classici & Moderni’ dove potremo rivedere la magistrale trilogia di Terence Davies e il franco-brasiliano ‘Madame Sata’ di Karim Ainouz acclamato all’estero e praticamente sconosciuto da noi.
Farà invece discutere l’omaggio a un attore porno americano,
Parker Williams, che esordisce nella regia con ‘Lube Job’. “Un film hard mainstream con attori giovani” spiega Santoro. “L’idea non era però riprendere in mano ‘Pornovision’, ma fare rientrare il porno da un punto di vista storico. Williams è un artista poliedrico, è anche sceneggiatore e insegna storia del cinema. In America è molto famoso tra gli intenditori del genere”. Non mancherà un workshop per sensibilizzare sulle tematiche queer i ragazzi delle scuole in collaborazione con il Museo del Cinema e i servizi educativi del Comune.
Il Premio Speciale andrà quest’anno all’americana Andrea Sperling, produttrice di una trentina di opere glbt tra cui i primi due film di Gregg Araki. Chiude l’atteso ‘The Walker’ di Paul Schrader con Woody Harrelson, Kristin Scott Thomas e Lauren Bacall, su un escort di lusso implicato in un omicidio.
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