In un periodo storico in cui le notizie positive sono poche, ecco un racconto commovente e ottimistico di un padre e una madre che si trovano ad affrontare un figlio gay. Questa storia inizia diversi anni fa e vede come protagonisti due ragazzi, due fratelli, John e Ryan.
Ryan era il più grande, e qualche volta faceva da baby sitter al fratello più piccolo, quando i genitori erano fuori per lavoro o per commissioni. E’ stato uno di quei giorni che Ryan, 16enne, disse a John che usciva un attimo. Lui doveva rimanere in casa e non aprire a nessuno. Lo abbracciò forte e se ne andò. Da quel momento, nessuno rivide più il ragazzo.
Intervenne la polizia, il caso fu discusso anche al telegiornale. I detective specializzati in persone scomparse si diedero da fare per mesi, ma fu un caso irrisolto.
La vergogna di avere un figlio gay
Gli anni passarono, John aveva continuato la sua vita, andando al college, sposandosi e avendo anche un bambino. Negli anni del college aveva partecipato anche a una squadra del campus che aveva vinto diversi campionati, e la sua foto e il suo nome erano finiti addirittura sul giornale.
Dopo qualche giorno dalla vittoria, John ricevette una cesta regalo, pieno di caramelle e dolciumi che amava quando era piccolo. Pensando che fosse un dono dai genitori, li chiamò per ringraziarli, ma scoprì che non era un loro regalo. Insospettito, cercò quindi di capire chi avesse spedito quella cesta, ma non erano presenti biglietti o altri indizi.
Fu allora che gli venne l’illuminazione: le caramelle. Amate da lui e da suo fratello. Le compravano sempre in un negozio vicino a casa. Tentando il tutto per tutto, contattò i detective che avevano seguito il caso del fratello scomparso, scoprendo che in realtà il caso non era più irrisolto.
Furono i genitori a comunicare alla Polizia che Ryan era vivo. Li aveva contattati. Avevano detto che era omosessuale, e loro non poteva accettare un figlio gay. Per questo motivo, nonostante fossero rincuorati che stesse bene, non ne volevano sapere più nulla. Decisero anche di non dire nulla a John. Le lettere che aveva inviato il ragazzo erano state strappate e gettate. Erano gli stessi genitori che non vollero vedere nemmeno John per due anni, perché sposato con una donna di colore.
Ma ora, era maggiorenne e Ryan aveva lasciato un numero di telefono per essere contattato.
L’abbraccio con il fratello scomparso
John, dopo vari tentennamenti, riuscì a chiamare Ryan. La sua voce era la stessa, non era cambiata granché e lo riconobbe subito. Iniziarono a parlare, la voce di entrambi rotta solo dai singhiozzi. Ryan, inizialmente, pensava a uno scherzo. Chiese a John quali lacci aveva alle scarpe, un giorno che avevano fatto un picnic. Se lo ricordava: erano dei lacci arancioni, che la madre detestava.
Con quelle parole, Ryan capì di aver ritrovato il fratello. Prese un aereo e partì, subito. Quando arrivò, John lo riconobbe. Poco più alto di lui, in forma, capelli corti. Era come se non se ne fosse mai andato. Andarono al bar dell’aeroporto e parlarono per ore. Si raccontarono tutto. Ryan era scappato, e si sentiva una persona orribile ad averlo fatto. Ad averlo lasciato solo. Ma non voleva essere un figlio gay odiato dalla famiglia. Ryan ora aveva una ditta di consulenza legale, un marito medico e due figlie di 12 e 8 anni.
Ma a John tutto questo non importava. Portò Ryan a casa per farlo conoscere alla sua famiglia. Quando andò a casa dei genitori, alla vista del ragazzo, gli chiusero la porta in faccia. Non volevano nemmeno vedere il proprio figlio.
Una storia a lieto fine, in parte
John decise quindi di trasferirsi più vicino a Ryan, per recuperare gli anni persi.
I genitori, che non volevano un figlio gay, ora si ritrovano completamente soli. I loro due ragazzi continueranno la loro vita senza di loro.
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Ciò che fa male alla famiglia è l'omofobia, non l'omosessualità.