Sulla scena cinematografica italiana si è definitivamente affacciato un volto nuovo. È bastato che si dicesse che Paolo Sorrentino lo aveva selezionato per interpretarlo negli anni dell’adolescenza nel film autobiografico È stata la mano di Dio, affinché l’attenzione dei media internazionali si concentrasse su di lui. Filippo Scotti, nato a Gravedona (Como) il 22 dicembre 1999 sotto il segno del capricorno, non ha ancora compiuto 22 anni e già può vantare nel curriculum un ruolo da protagonista in una pellicola di un regista da Oscar, presentata alla Mostra del Cinema di Venezia 2021.
Dopo aver vissuto quattro anni a Dongo, sulle sponde del lago di Como, si trasferisce con la famiglia al meridione: prima a Pozzuoli, poi a Napoli, dove studia e dà adito a quella voce interiore che gli suggeriva di salire sul palco. “Un giocare, nulla di più, poi lentamente ho realizzato che era qualcosa di più forte”, ha rivelato Filippo Scotti in una delle sue prime interviste, sottolineando che quella per la recitazione non è stata mai una passione, ma qualcosa di più simile a una missione di vita. Il primo spettacolo che lo vede tra gli attori è del 2017, in scena al Bellini di Napoli, poi una rapida scalata fino alla partecipazione alle produzioni Netflix. Prima che nel film firmato da Paolo Sorrentino, infatti, l’artista è stato protagonista di una serie originale italiana della piattaforma di streaming: si tratta di Luna Nera del 2020, drama fantastico ambientato nel 1600, in cui vestiva i panni di Spirto. Prima ancora, una parte anche nella serie Sky 1994, insieme a Stefano Accorsi.
Nei giorni successivi all’uscita della serie, Filippo Scotti ha confessato che tra i progetti futuri a cui avrebbe voluto prendere parte c’era proprio un film cinematografico, così da ampliare il proprio portfolio artistico, già ricco di esperienze. D’altronde, fra i propri modelli di riferimento e di ispirazione compaiono nomi che hanno reso ancor più luminosa la settima arte nei decenni passati: Hitchcock, Kubrick. “I primi film che mio padre mi faceva vedere. Mi ricordo il suo primo insegnamento: bisogna saper capire e leggere i film, non fermarsi all’apparenza”, ha poi aggiunto nell’intervista.
“Cercavo un attore bravo, e lui lo è, ma soprattutto mi sembrava che avesse la stessa timidezza e il senso di inadeguatezza che hanno caratterizzato i miei 17 anni”, ha invece dichiarato alla stampa Paolo Sorrentino, giustificando in questo modo la scelta di un quasi esordiente al timone della pellicola autobiografica, che intreccia emozioni semplici e scene genuine di una Napoli che aspetta l’arrivo salvifico di Maradona nella squadra militante in Serie A. Proprio il permesso di seguire la partita in trasferta ad Empoli salva Fabietto (alter ego per Paoletto, il piccolo Sorrentino) da morte certa: durante il weekend, i due genitori perdono la vita per avvelenamento dal monossido di carbonio nella loro casa in montagna.
La tenerezza e la riservatezza nello sguardo di Filippo Scotti non sono passati inosservati nemmeno agli occhi dei giornalisti di Variety, il noto portale statunitense di intrattenimento, che hanno descritto l’attore confrontandolo con un collega di fama internazionale, anche lui atteso a Venezia:
Filippo Scotti, l’attore che interpreta Sorrentino da giovane, è bello, con la sua pelle pallida, con i capelli ricci e una presenza elegante nella sua quiete. C’è qualcosa di Chalamet in lui; allo stesso tempo, lo si potrebbe immaginare nei panni del giovane Bob Dylan.
A star is born, direbbe qualcuno, complici le recensioni positive del film e i fiumi di applausi al cast ricevuti al termine della prima proiezione del film. E il cinema italiano torna a certe antiche emozioni di un tempo, un attore che insegue poco i social. Con poco meno di 4.000 follower (ad oggi), sul canale Instagram il ragazzo posta scorci di architetture, immagini di nature morte e chiaroscuri, appunti di una quotidianità astratta, che lascia immaginare una personalità distaccata dal vortice dello star system, immersa nella propria vocazione di sognatore. Quel sognatore che, come Maradona e come Sorrentino, un giorno si desta dai suoi torpori e, guardando in faccia la realtà, sussurra: “E’ stata la mano di Dio”.
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