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Quel confine tra Messico e Guatemala e i migranti LGBT

Un’attivista: “Nell’America centrale una persona transgender non vive più di 35 anni”.

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2 min. di lettura

Il fiume Suchiate, che divide il Messico dal Guatemala, è attraversato quotidianamente da nugoli di imbarcazioni improvvisate, solcate da disperati in cerca di miglior fortuna.

Alimenti, biciclette, motociclette: portano tutto, i migranti, su queste imbarcazioni costruite con pneumatici appoggiati su una base di legno e guidate da uomini – come racconta La Repubblica – che chiedono 30 pesos (poco più di un euro) per il viaggio. Per le migliaia di messicani che attraversano il confine settentrionale – verso gli Stati Uniti – altrettanti sono i migranti provenienti da El Salvador, Guatemala, Nicaragua e Honduras verso il Messico, sempre in direzione Stati Uniti. Gli ultimi dati disponibili, diffusi dal Dipartimento di Sicurezza degli Stati Uniti e relativi al periodo ottobre 2015 – agosto 2016, stimano una cifra di circa 103.000 persone. Fuggono dalle violenze delle bande criminali dei loro Paesi d’origine.

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Il responsabile per il Centro dei Diritti Umani Fray Matias de Cordova, con sede a Tapachula, denuncia anche l’aumento dei migranti LGBT: “Nell’America centrale una persona transgender non vive più di 35 anni” dice l’attivista di El Salvador Patricia, che ora risiede a Tijuana.

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Anche la comunità europea comincia a guardare al fenomeno con interesse. Dal 2017 ARFE (Associazioni delle Regioni Frontaliere) e AEXCID (Agenzia di Cooperazione spagnola dell’Extremadura) hanno avviato un progetto di cooperazione: dopo un primo Foro Internazionale tenuto a Tapachula, è stata pianificata per il 2018 un’altra riunione in Guatemala. L’obiettivo è migliorare le politiche pubbliche e tutelare maggiormente i diritti umani. Anche dei migranti LGBT.

Fonte: Virginia Negro su LaRepubblica

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