Osvaldo Supino e l’importanza di essere sé stessə: “La diversità è un valore aggiunto” – Intervista

Osvaldo Supino ha raccontato a Gay.it la sua musica, il suo coming out e dell’importanza di vivere apertamente

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Osvaldo Supino Gay.it
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In Italia è un artista indipendente ma all’estero è una pop star internazionale: Osvaldo Supino (@osvaldosupino) è già un’icona della comunità LGBTQIA+ e con questa è impegnato sia nella musica che nel sociale. Tanti i riconoscimenti all’estero per rappresentare la comunità e l’Italia con la sua musica, anche grazie a collaborazioni con i più noti produttori dell’industria musicale americana.

Dalla musica alla moda, Osvaldo Supino ha spesso ricevuto il plauso della critica: dal palco condiviso con Rita Ora, Mel B ed Elton John al Global Pride fino al red carpet di Venezia77 nella serata de “Le sorelle Macaluso”, quando ha rubato tutti gli obiettivi sfoggiando uno smoking con gonna alla Billy Porter, il primo nella storia della Mostra di Venezia.

Gay.it ha incontrato Osvaldo Supino al Meliá Torre Galfa di Milano, in occasione dell’uscita del suo nuovissimo singolo “Stuck On This Feeling”. Una ballata sul lasciarsi andare nelle relazioni, accompagnato da un meraviglioso video girato a Venezia.

 

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Ci racconti la tua nuova canzone “Stuck On This Feeling”? Come è nata?

È una canzone che è nata a tre anni fa. L’ho tenuta nel cassetto fino ad oggi perché volevo sentirmi pronto. È un pezzo che parla della difficoltà di lasciarsi andare nelle relazioni ed è qualcosa che vedo anche intorno a me, non solo nella mia storia personale. Ecco, quindi ho pensato di farlo uscire proprio come quinto estratto, come quinto pezzettino di questo nuovo disco che si sta componendo pezzo dopo pezzo.

Il brano è un po’ lontano dal pop dance di alcune precedenti canzoni, definiresti ancora così il tuo genere?

Forse più pop perché è un’etichetta un po’ più larga, un po’ più ampia, nel senso che nei miei pezzi mi piace sempre molto esplorare. Di sicuro il pop dance è quello che ho fatto per tantissimo tempo ed è quello che amo fare, ma mi piace anche moltissimo curare altre parti, quelle più emotive, anche quelle più romantiche, che ho la possibilità di tirare fuori con canzoni come questa, o come Are you listening del mio disco precedente. Insomma, mi piace molto esplorare.

Da molti sei considerato un’icona gay, come ti fa sentire questa definizione?

È una definizione un po’ grande per me, sinceramente non mi sento affatto un’icona gay. Sono assolutamente consapevole di essere molto attivo e ne sono molto felice dal punto di vista della comunità LGBT, non solo perché ne faccio parte, ma penso perché ogni umano essere umano dovrebbe interessarsi a questo, dovremmo proteggerci e difenderci a vicenda. Quindi icona gay non mi sento ancora, anche se mi sento ovviamente felice per chi lo pensa. Però sono contento, ad esempio, di trovare molte persone che attraverso i social mi dicono di aver fatto coming out grazie alle mie canzoni. Ecco, questo mi fa davvero super piacere.

Osvaldo Supino Gay.it
Osvaldo Supino dal suo profilo Instagram

I tuoi video sono anche molto glamour, anche la moda è un mezzo per comunicare la tua arte?

Sì, lo è sempre stata fin dall’inizio. Alcune scelte magari sono state anche definite bizzarre, se vuoi, però trovo che la mia comunicazione ha bisogno di immagine e mi piace, è una mia necessità. La verità è che quando scrivo una canzone in realtà sto scrivendo un mondo e dentro di me mi si proprio apre tutta una situazione che è il videoclip, il colore e la grafica, la sensazione, come voglio presentarla, anche la performance. Quindi ogni canzone stessa ha davvero un mondo tutto suo e la moda mi aiuta moltissimo.

Per i nostri lettori, ci piace sempre avere qualche testimonianza di personaggi amati e seguiti dalla comunità. Ti va di raccontarci il tuo coming out?

Io l’ho fatto quando avevo circa 18 anni con mia mamma. È stato un momento molto difficile per me perché è stato in un’epoca in cui in verità non c’erano molti esempi in televisione, in radio, sui media, di persone le cui vite non fossero le solite macchiette in cui io comunque non mi identificavo, quindi mi sentivo abbastanza solo in paese, molto piccolo. Però sapevo che era necessario. Ho avuto la fortuna di avere subito una psicologa che mi ha aiutato a capire l’importanza di essere sincero con i miei genitori, con cui ho avuto un rapporto fortunatamente sempre molto aperto. Quindi è stato un momento difficile, ma è stato un momento necessario perché io non potevo più andare avanti negando, nascondendo qualcosa. Io sono proprio una persona molto chiara, molto trasparente e questo lo comunico attraverso le mie canzoni, Non riuscirei e non riesco, non tollero, le persone che hanno qualcosa da nascondere. Non mi sento a mio agio, quindi il coming out per me è stato decisamente necessario. Non so se è l’essere gay dichiarato mi ha aiutato nel mondo musicale, non ci ho mai pensato, ho sempre pensato di non essere arrivato a volte perché non ero bravo abbastanza più che essere gay. Credo che alla fine della giornata l’importante è sinceramente guardarsi allo specchio ed essere soddisfatti di quello che si è, di quello che si è fatto, di quello che si è detto. Io ci provo ogni giorno.

Hai mai l’impressione che il fatto di essere queer, o la cosiddetta “queerness”, a volte venga un po’ sfruttata dall’industria musicale ai fini del marketing?

Beh, ho questa impressione solitamente intorno a giugno, più o meno dove tutte le richieste da parte di sponsor media arrivano e io sono felice assolutamente di lavorare di più. Ovviamente, sono onesto, cerco però di sfruttare quella situazione per comunicare il più possibile. Se è quella l’unica via che ho, cerco di farmi spazio il più possibile, quindi cerco di attraversare questi ostacoli in questa maniera.

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Osvaldo Supino, tra glamour e identità. Instagram: @osvaldosupino

Che rapporto hai con i social media?

Allora vediamo, li odio e li amo. Ho imparato anche a conoscere tutta la mia fanbase attraverso soprattutto Instagram. Io praticamente credo di salutare tutte le persone che iniziano a seguirmi e cerco di conoscerli il più possibile, non vedo mai veramente i follower come numero, sono proprio fuori da queste logiche. Trovo però che alle volte sono veramente molto pericolosi. Io ho subito da piccolo bullismo e in seguito cyberbullismo e so che cosa vuol dire non avere gli strumenti per difendersi. Credo che oggi una cosa molto utile sarebbe insegnare almeno ai ragazzi, nelle scuole, come utilizzare correttamente i social media e appoggio totalmente l’idea di Emma Marrone di validare tutti i profili, proprio come facciamo noi che abbiamo i profili verificati, di validare anche le persone, insomma, che non fanno spettacolo, musica o sport. Credo ridurrebbe moltissimo questo tipo di atteggiamenti.

Con i social la comunità LGBTQIA+ ha trovato nuovi spazi in cui esprimersi ma allo stesso tempo è sempre sotto attacco, come si potrebbe arrivare a un equilibrio?

L’equilibrio sarebbe semplicemente imparare prima dei social media che non c’è una differenza, che non c’è una normalità, ma che si parla di inclusione, che quella diversità che noi vediamo diverso è in realtà un valore aggiunto. Si potrebbe davvero cambiare rotta completamente e qualsiasi problema sarebbe assolutamente risolto.

Qual è un messaggio che vorresti mandare ai giovani queer che magari non sanno come affrontare il coming out o una nuova scoperta di sé stessi?

Di sicuro è necessario conoscersi e quindi credo sia sempre necessario prendere il proprio tempo per fare le proprie cose. Allo stesso tempo, non c’è mai troppo tempo. E quindi io incoraggio sempre moltissimo a vivere apertamente per quello che si è, perché se non vivi apertamente non stai vivendo. Certo, magari puoi avere il padre che non capisce, puoi avere la madre che non ti supporta o lo zio che ti caccia di casa. È molto probabile, è la realtà, lo so, la conosco. Ma forse è molto meglio distaccarsi, purtroppo, da quelle realtà, ma avere sé stessi in maniera piena e consapevole. Io ho molta stima, ad esempio, delle case accoglienza LGBT e spero di riuscire a fare un progetto con loro quanto prima. Però il coming out è fondamentale, ecco, assolutamente. L’outing, no.

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