Allora, chi fa cosa a chi? Questa è la distinzione basilare tra i “top” e i “bottom”, o, per dirla in italiano, gli “attivi” e i “passivi”; ma è una distinzione che può creare più confusione di quanta ne risolva. Parlando di semplice sesso anale, infatti, la differenza tra attivi e passivi è molto chiara: l’attivo è quello che penetra, il passivo quello che viene penetrato. Ma se si tratta di sesso orale, la faccenda si fa più confusa.
A rigore, l'”attivo” dovrebbe essere quello dei due che “inserisce” il membro, giusto? Eppure lui è quello che in genere se ne sta supino, completamente passivo a parte mugolare e dimenarsi un po’, mentre l’altro fa tutto il lavoro. Insomma, il passivo, in realtà, è colui che agisce.
I Sadomaso definiscono i “top” e i “bottom” in maniera piuttosto differente: “top” è colui che ha il potere di castigare, in ogni senso. Ma dopo di ciò le cose si fanno ambigue. I giocatori incalliti della scena s/m sanno che i passivi sottomessi sono spesso, in realtà, quelli che tengono le redini. Se un “bottom” ama essere sculacciato, e arruola un “top” che lo sculacci finché le mani non gli fanno male, chi ha in realtà il controllo della situazione?
E se un “top” lega un uomo a un letto e poi cavalca la sua erezione, chi è il “bottom”?
Forse non ha nessuna importanza, ma il cliché dice che gli attivi sono più mascolini, i passivi più donne. Ed è facile trovare ragazzi che si definiscono orgogliosamente “solo attivi” come se ci fosse in ciò una sorta di superiorità. Inoltre, alcuni degli aggettivi usati per descrivere i passivi, sono modi poco carini per suggerire che c’è qualcosa di sbagliato nel cercare di prendere quello che si desidera dal sesso.
E’ come se quelli a cui piace essere penetrati dovessero essere consapevoli della loro posizione presumibilmente inferiore; in parte, una spiacevole reminiscenza del ruolo tradizionale della donna a letto.
La frequente discrepanza esistente tra ciò che si crede che il sesso sia e ciò che accade realmente, ha portato ad alcune definizioni interessanti. Coloro che amano prendere il controllo e farsi penetrare, si descrivono come “passivi aggressivi”, per esempio, mentre non è facile imbattersi viceversa in un “attivo remissivo”.
Per quanto si possa nutrire comprensione per il bisogno che l’essere umano ha di trovare delle definizioni, quando si parla di sesso le distinzioni semplicemente binarie possono creare più fastidio che aiuto. Non c’è niente di inferiore nel trovare un intenso piacere nel sesso: pensare che ci sia, può costituire una barriera per goderne appieno. Né c’è qualcosa di sbagliato in un attivo, sia egli delicato o manesco, che provi tenerezza e vulnerabilità. Ciò non lo rende meno uomo, perché ciò che fa il suo membro non lo rende migliore per niente.
La varietà, quella sì, è la spezia della vita, che sia nel corso di una relazione o durante un singolo incontro occasionale. Dire: “Non lo faccio, perché io sono solo attivo (o passivo)”, ha il solo effetto di buttare via tutta una serie di possibilità di godimento. Sarebbe meglio accostarsi alla questione “attivi/passivi” come ad una scala graduata, con i “solo attivi” e i “passivi assoluti” alle estremità, e la maggior parte di noi da qualche parte in mezzo. Dopo tutto, quelli di noi che conoscono il piacere di praticare una fellatio non direbbero mai che sia una cosa inferiore da farsi, e coloro che lo devono tirar su e tenercelo mentre penetrano, conoscono la pesante responsabilità e il duro lavoro che grava sul povero, indefesso soggetto attivo. (E forse è per quello che spesso sembra ci siano molti più passivi che attivi in giro).
Insomma, che sia “top”, “bottom”, entrambi o nessuno dei due, oppure un miscuglio che abolisce tutte le definizioni, forse dovremmo ammettere tutti che il sesso è un complicato, splendido, e duro lavoro. Ma qualcuno bisogna pure che lo faccia.
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di Gay.com UK
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