COME CAPIRE CHE L’ALTRO È GAY?

Il desiderio di incontrare qualcuno, di potersi dichiarare, si scontra con il dubbio: ma sarà gay? Un consiglio per andare sul sicuro.

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3 min. di lettura

Caro Leo, ho 22 anni e sono in analisi da molto tempo. Ho preso coscienza da poco della mia omosessualità e la mia analista sostiene si tratti di una patologia vera e propria, di una psicosi "curabile" della quale dobbiamo ancora accertare l’intensità.

Il mio problema non è questo.

Non ho alcun problema ad ammettere il carattere "patologico" dell’omosessualità. In effetti si tratta di una confusione originaria dei ruoli, di una proiezione di sé nell’altro, di una deviazione rispetto alla naturale esplicazione dell’orientamento sessuale. Credo che la mia analista, poi, faccia riferimento ad una impostazione neofreudiana ortodossa piuttosto "inflessibile".

Il problema, dicevo, è un altro.

Ho avuto finora qualche rapporto sessuale con alcuni amici. In particolare con uno che dura da oltre 10 anni. La cosa è nata per magia durante l’adolescenza…

Il mio problema è come ampliare il mio orizzonte, come instaurare un rapporto nuovo, dove trovarlo, dove scoprirlo. Non mi piace frequentare certi locali "gay" dove tutto è troppo caricato, troppo forzato, troppo morboso. Ci sono stato e il tipo di persone che si incontrano non mi piace affatto. Si tratta quasi sempre di uomini che hanno perso qualunque contatto con la realtà e ogni freno inibitore. Persone che non hanno più nulla da perdere,insomma, disposte a tutto. Disperate fondamentalmente. Come si fa a capire se una persona che ci piace è disposta a vivere questa esperienza? Ho paura di espormi, di essere respinto.

Aiutami, se puoi. Grazie

Noir 97

Caro Noir ’97,

non ti nascondo che mi ha molto colpita la tua proprietà di linguaggio e abilità nell’esprimerti in "psicoanalese". Mi sono persino chiesta se tu in realtà non abbia qualche anno in più dei 22 che dichiari oppure se il tuo processo analitico non stia andando avanti da così tanti anni da fare di te uno psicoanalista "ad honorem".

Non conosco le motivazioni che ti hanno spinto a ricercare un aiuto professionale, tuttavia credo che ti sia utile sapere che Freud non ha mai sostenuto che l’omosessualità sia una malattia psichica grave. Per Freud l’omosessualità è una perversione, provocata da un arresto del processo di sviluppo psicosessuale. Nella famosa "Lettera a una madre americana" Freud afferma che l’omosessualità è "…una variazione della funzione sessuale" che non deve essere vista nè come un vizio, nè come una vergogna, nè deve essere classificata come una malattia. Freud inoltre ha sempre chiaramente sostenuto che l’omosessualità non è curabile attraverso l’analisi. Sono convinta quindi, che la tua analista non possa essere definita una freudiana ortodossa, ma faccia riferimento a una corrente della psicologia psicodinamica in voga tra gli anni ’40 e i ’60 e i cui più noti esponenenti sono I.Bieber e C.Socarides. Per questa corrente di pensiero l’idea freudiana della bisessualità originaria di ogni essere umano è da rifiutare. La libido sessuale sarebbe originariamente programmata in senso eterosesuale. Di conseguenza l’omosessualità, vista come una grave deviazione dalla meta naturale, non potrà che manifestarsi in persone profondamente disturbate a livello psichico, gli psicotici, appunto. E’ inutile dire che questa teoria è palesemente falsa. Tutti gli studi che si sono occupati di misurare l’incidenza dei disturbi psichici tra le popolazione omosessuale e tra quella eterosessuale hanno sostanzialmente concordato nell’affermare che non esistono differenze degne di nota. Ci sono omosessuali psicotici nella misura in cui ci sono eterosessuali psicotici.

Inoltre, sarà legittimo dire di tutto sul cosidetto ambiente gay, che è snob, che è difficile fare conoscenze, che alcuni comportamenti sessuali e esibizionistici sono esasperati, ma non certo che i locali gay sono pieni di persone che sentono voci immaginarie, hanno allucinazioni o si sentono al centro di una cospirazione di extraterrestri. Posso capire che qualche persona omosessuale che ti è capitato di incontrare ti possa essere sembrata "disperata" (ma essere disperati non vuol dire avere perso il contatto con la realtà). Credo tuttavia che questa disperazione debba essere messa in relazione con il fatto che queste persone abbiano fatta propria una visione negtiva dell’omosessualità, come depravazione o come attentato all’ordine naturale delle cose, e vogliamo aggiungerci come "confusione originaria dei ruoli" o come "proiezione di sé nell’altro"? Si, io ce l’aggiungerei. Non vedo, caro Noir ’97, come ti sia possibile aprirti a nuovi incontri, andare con fiducia verso l’altro, se allo stesso tempo sei così fermamente convinto che il tuo modo d’amare è sbagliato. Potresti incontrare l’uomo più onesto, più attraente, più innamorato di questa terra, ma tu finiresti comunque per vedere in lui solo i segni devastanti della vostra "malattia" e, in ultima analisi, per rifiutarlo.

Lascio a te le conclusioni.

di Mirella Sandonnini

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