Quando arrivano le feste natalizie è molto facile rimanere intrappolati nel vortice di frivolezze e banalità che viene spacciato per spirito natalizio, ma che in realtà non è altro che una scusa per far spendere più soldi a noi miseri consumatori, non lasciandoci nemmeno il tempo per pensare a quanto siamo fortunati rispetto a buona parte della popolazione mondiale…
Se alla fine del vostro giro di shopping vi rimane qualcosa da spendere e volete regalare (o regalarvi) qualcosa di speciale, profondo e che sia in grado di farvi commuovere e riflettere, MAUS è quello che fa per voi.
Abbiamo già parlato del genere “furry” (clicca qui), ovvero di quei fumetti che usano gli animali come metafora narrativa per temi più adulti rispetto a quelli cosiddetti “disneyani”, ma MAUS riesce ad andare oltre.
Non a caso questo fumetto è riuscito a meritarsi, tra le altre cose, lo Special Award nell’edizione 1992 del Premio Pulitzer (il massimo riconoscimento giornalistico mondiale), dimostrando una volta per tutte che i fumetti sono un genere narrativo e non solo intrattenimento di basso livello.
L’autore, Art Spiegelman, era già un vignettista e fumettista abbastanza conosciuto nell’ ambiente underground statunitense (aveva partecipato anche alla fondazione della rivista “RAW”), quando nel 1978 decide di cimentarsi in un progetto difficile e fuori dalle righe: raccontare a fumetti l’esperienza di suo padre, un ebreo polacco di nome Vladek sopravvissuto ad Aushwitz.
Tuttavia Art Spiegelman vuole dare al suo lavoro una valenza espressiva inedita, e per far questo trasforma le varie categorie di persone in altrettante specie animali: così gli ebrei diventano topolini bianchi, i polacchi dei maiali, i nazisti dei gatti e via dicendo.
A scanso di equivoci: qui gatti e topi NON sono Tom e Jerry, e se finora avete pensato che un fumetto non è in grado di emozionarvi, con MAUS dovrete ricredervi.
Tuttavia questo romanzo non parla solo della progressiva tragedia di Vladek e della sua famiglia, ma anche del difficile rapporto che questi ha con il figlio Art: infatti la storia è narrata in prima persona da Vladek durante le visite che gli fa il figlio e così, alle sequenze ambientate negli anni dell’ olocausto, si alternano lunghe parentesi “ai giorni nostri”, in cui Art descrive ed esplora la relazione con il suo anziano padre, così diverso da lui, anche e soprattutto per le esperienze che lo hanno segnato.
In realtà, come lo stesso autore dice nel libro, MAUS non vuole lanciare messaggi, fare morali o magari strumentalizzare gli eventi: è semplicemente un fumetto che documenta una storia, e sta al pubblico decidere come rapportarsi con esso.
Nelle quasi trecento pagine di narrazione, realizzata con un segno anticonformista e più simile a certe incisioni che non a un fumetto, Art Spiegelman è riuscito costruire un affresco di emozioni e sentimenti difficilmente descrivibili, e sicuramente raggiunge dei livelli a cui molti sedicenti scrittori e giornalisti non possono nemmeno aspirare.
Il che ci porta ad alcune considerazioni non proprio felici: nonostante il suo valore MAUS è un’ opera pressochè sconosciuta al grande pubblico, e forse questo accade proprio perchè chi dovrebbe parlarne lo discrimina in quanto “fumetto”.
In ogni caso, a quanti si chiedesserò perchè parlare di MAUS su questo sito, ricordo che fra quei “topolini” deportati (e poi sterminati) ad Aushwitz non c’erano solo ebrei, ma anche dissidenti politici, zingari e, soprattutto, una gran quantità di omosessuali.
Di tanto in tanto è un bene ricordare certe cose, soprattutto perchè il mondo di oggi sembra fatto apposta per farcele dimenticare, e questo non è un bene.
Abbiamo parlato di:
Titolo: MAUS
Editore: Einaudi
Costo: € 12,80
Reperibile in fumetteria e in libreria.
di Valeriano Elfodiluce
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