GINEVRA. Un miliardo e 25 milioni di dollari per indennizzare le vittime del delirio nazista o i loro eredi. E tra le vittime a cui spetta risarcimento ci sono anche gli omosessuali o presunti tali che sono stati deportati, costretti a lavorare in condizione di schiavitù o frodati dalle banche. Finalmente, dopo anni di silenzio sulla questione delle vittime gay del nazismo, la cortina viene sollevata e anche chi ha passato gli anni della guerra in condizioni disumane per il suo orientamento sessuale, potrà avere giustizia.
Gli omosessuali, pur rientrando a pieno titolo nel triste elenco delle categorie perseguitate dal nazismo, non hanno mai avuto fino ad oggi alcun risarcimento. Ma ora le cose sono cambiate, e il fatto di riconoscere il diritto a un indennizzo è importante anche perché viene riconosciuta la persecuzione da parte del regime nazista nei confronti dei gay, e apre la porta all’inclusione delle vittime omosessuali del nazismo nei libri di Storia. Così il programma di indennizzo tedesco e il programma sui Beni delle Vittime dell’Olocausto (Banche Svizzere) gestiti dall’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) cercano di rimediare a decenni di colpevole omissione. A gestire il fondo previsto per il risarcimento sarà l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, a seguito dell’Accordo raggiunto tra i superstiti dell’Olocausto e le banche svizzere davanti alla Corte del distretto orientale di New York. L’OIM si aspetta di ricevere a livello mondiale dalle 20 alle 25 mila domande di risarcimento da parte dei gay perseguitati o dai loro eredi, e calcola che distribuirà alle vittime omosessuali del regime nazista dai 20 ai 25 milioni di dollari. Ma perché questo avvenga, è necessaria una capillare informazione. L’OIM ha quindi lanciato una campagna per ottenere il supporto di tutte le organizzazioni gay e lesbiche del mondo, in modo da diffondere informazioni sui programmi di indennizzo attraverso le loro reti di comunicazione. Ma potrebbe non bastare. Dirk de Winter, direttore dei Programmi di Indennizzo dell’OIM, sottolinea infatti che le vittime omosessuali sopravvissute all’epoca nazista sono poche, e tra quelle poche ce ne sono alcune riluttanti a rendere pubblico ciò che li ha resi vittime del delirio nazista. Molti omosessuali hanno infatti contratto matrimoni fittizi, dopo aver trovato rifugio in paesi stranieri. L’obiettivo di questa campagna è tuttavia quello di valorizzare al massimo le reti di comunicazione e i mezzi di informazione, in modo da innescare un processo a catena che si diffonda in quei paesi che come USA, Canada e Australia hanno accolto e protetto gli omosessuali dalle persecuzioni naziste.
In questo modo si vuole anche rafforzare la consapevolezza della situazione particolare delle vittime omosessuali. Volker Beck, membro della Fondazione tedesca "Memoria, Responsabilità e Futuro" e del Governo Tedesco, ha ricordato che una volta finita la guerra, non soltanto gli omosessuali in Germania non sono stati riconosciuti come vittime del nazismo, ma hanno continuato ad essere perseguitati per il loro orientamento omosessuale sia nella Repubblica Federale Tedesca che nella Repubblica Democratica Tedesca. Beck ha sottolineato il fatto che la versione nazista della Sezione 175 del Codice Criminale Tedesco, che considerava le relazioni omosessuali un reato punibile, è rimasta in vigore fino al 1969.
Gunter Grau, psicologo e storico, descrive la difficile situazione delle vittime omosessuali sopravvissute al regime nazista. La repressione, i campi di sterminio e di concentramento hanno distrutto la vita di molti omosessuali. Gli storici stimano che all’incirca 50.000 uomini vennero condannati dai tribunali nazisti a lunghi periodi di detenzione in base al Codice Criminale Tedesco. Fino a 5.000 omosessuali vennero deportati in campi di concentramento per una "rieducazione attraverso il lavoro", dove affrontarono l’inferno. Alcuni vennero sottoposti ai cosiddetti "esperimenti medici".
Agli omosessuali fanno tragicamente compagnia, nel programma di indennizzo gestito dall’OIM, i Rom, i testimoni di Geova o i portatori di handicap fisico o mentale, e tutti coloro che a insindacabile giudizio delle autorità del regime venivano ritenuti tali. Esseri umani che furono costretti a lavorare in condizioni di schiavitù (cioè senza stipendio o con stipendi irrisori), per le imprese tedesche e per il regime nazista, o imprese svizzere e loro filiali. Che furono costretti, per fuggire alla persecuzione o al rischio di cattura, a cercare riparo in Svizzera e fu loro negato l’ingresso, o dalla Svizzera furono espulsi, o sottoposti ad abusi e maltrattati in quanto rifugiati. Coloro che furono trattati come bestie durante il periodo che va dal 1 gennaio 1933 al 9 maggio 1945.
Le domande di indennizzo devono pervenire entro il 31 Dicembre 2001. Possono inoltre richiedere l’indennizzo anche gli eredi delle vittime omosessuali decedute dal 16 Febbraio 1999 in poi. Nel caso che il richiedente sia morto dopo la presentazione della domanda e prima di aver ricevuto l’indennizzo, gli eredi possono avvalersi dei propri diritti rivolgendosi all’OIM entro sei mesi dalla data del decesso. L’OIM di Ginevra provvederà a fornire moduli di domanda ed assistenza a titolo gratuito.
-Linea verde: +41-22-7179204,
-Indirizzo: IOM/HVAP, 17 Route des Morillons, P.O. Box 71, 1211 Geneva 19, Switzerland.
Per ulteriori informazioni, è possibile contattare:
– l’ufficio OIM di via Nomentana 62, 00161 Roma
– il sito internet www.swissbankclaims.iom.int
– il numero 06 44 20 22 75 di Roma
– il responsabile europeo Marie-Agnes Heine, Public Information Officer, IOM, Holocaust Victim Assets Programme (Swiss Banks) 17, route des Morillons – P.O. Box 71, Tel: +41-22-7179220, Fax: +41-22-7986150, E-mail: mheine@iom.int, Internet: www.swissbankclaims.iom.int
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