19 anni senza Sylvia Rivera, il ricordo di una vera eroina LGBT

Sylvia Rivera è stata un'importantissima icona LGBT per la comunità, a cominciare dall'epocale rivolta allo Stonewall Inn di New York. Ci lasciava 19 anni fa.

sylvia rivera
3 min. di lettura

Sylvia Rivera moriva il 19 febbraio 2002, per un tumore al fegato. Aveva 50 anni. A 19 anni di distanza, il suo nome ci rimanda immediatamente ai Moti di Stonewall. O dovrebbe farlo.

Sylvia Rivera è stata l’icona LGBT per eccellenza, insieme a tanti altri personaggi che hanno lottato metaforicamente e fisicamente per l’affermazione dei diritti della comunità LGBT. E se oggi possiamo semplicemente andare a un evento LGBT senza essere arrestati, è anche per merito suo.

In occasione dell’anniversario della sua morte, ricordiamo 4 fatti di questa eroina LGBT, che ha passato la sua vita a combattere per tutti noi.

4 punti su Sylvia Rivera da scoprire a 19 anni dalla sua morte

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Conosciamo tutti la storia di Sylvia Rivera. Sappiamo che era presente allo Stonewall Inn il 28 giugno 1962, quando la comunità LGBT si ribellò all’ennesima retata della Polizia. Sappiamo che era presente a tutte le proteste per richiedere pari diritti. Ma cerchiamo di conoscere questo personaggio.

Non voleva essere donna, ma essere semplicemente sé stessa

Sylvia Rivera aveva iniziato la terapia ormonale, ma dopo alcuni mesi decise di interromperla, poiché non voleva essere una donna a tutti gli effetti. Lei stessa aveva affermato “Arrivai alla conclusione che non volevo essere una donna. Volevo soltanto essere me. Volevo essere Sylvia Rivera. […] Non voglio essere una donna. Perché? Non potrei metterlo nel c*lo a nessuno. Due buchi? No, no, no. Non li avranno“.  (dal libro Stonewall di Martin Duberman, 1994)

Nonostante i traumi da bambina e da adulta, non si è mai arresa

La sua vita non è stata semplice. A 3 anni, la madre tentò il suicidio, portando con sé anche la piccola. Dopo aver bevuto il latte con il veleno per topi, cercò di farlo bere anche a Sylvia. Lei si oppose per via del gusto, e solo scappando di casa e avvertendo i vicini, riuscì a salvarsi. La madre invece morì. Affidata all nonna, Sylvia Rivera passò poi a un’amica della parente, che la picchiava e a 10 anni cercò di violentarla. Nello stesso periodo, ebbe un rapporto anche con un cugino, mentre un uomo vicino di casa la molestava continuamente. (all’epoca era ancora un ragazzo fisicamente, e iniziarono a pensare che fosse gay, rifiutandolo).

A 11 anni scappò di casa, trovando riparo nella 42esima strada di New York. Un noto luogo di ritrovo per persone gay. Solo in questi anni, la donna decise di cambiare il suo nome in Sylvia Rivera. Per sopravvivere, iniziò a prostituirsi e a drogarsi. Nel corso degli anni venne stuprata, picchiata e umiliata innumerevoli volte tanto da chi odiava la comunità quanto dalla Polizia, ma non ha mai ceduto. Ha sempre continuato a lottare, senza mai mostrare un momento di debolezza.

La sua relazione con Julia Murray

Trovato rifugio alla Transie House, a Brooklyn, conobbe Julia Murray, una donna transgender. Le proteste, le manifestazioni, il sostegno reciproco fece scattare un forte legame tra le due, che iniziarono a frequentarsi, nel 1999. La vicinanza di Julia aiutò Sylvia a disintossicarsi, sostenendosi a vicenda.

La prostituzione per realizzare la STAR House

Sylvia Rivera non si prostituì solo per sopravvivere. Ma anche per realizzare un rifugio per tutte le donne transgender senzatetto. E’ in questi anni che conobbe Marsha P. Johnson, e solo grazie ai soldi guadagnati attraverso la prostituzione riuscirono a rendere abitabile una roulotte, dove iniziarono da subito a ospitare alcune senzatetto. La STAR House si trasferì poi in un edificio abbandonato, appartenente però a un boss mafioso, che chiamò la Polizia dopo 3 mesi di affitto non pagato.

Per sostenere le spese, erano molte le donne transgender che si prostituivano assieme a Rivera e Johnson, una condizione che dovettero subire per tutta la vita, in decenni in cui essere LGBT significa essere dei malati.

Fonte: Every Feminism

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Renzo Loi 19.2.20 - 12:54

questa persona è un vero attivista . tanto di capello.. ce ne fossero come lui.riposa in pace.

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