Gay Pride: La carica dei 200 mila

Tanti, tantissimi i partecipanti secondo l'organizzazione. Almeno 200 mila le persone che hanno sfilato in occasione del Pride nazionale. Con una novità: un'eccezionale, divertente, colorata sobrietà

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Oguno a modo suo ha preso parte al Gay Pride italiano 2008. Colorati, orgogliosi, divertenti, ironici, dissacranti, riflessivi, eleganti, e soppratutto… sudati. Il diluvio improvviso di ieri sera non ha placato il caldo di oggi. Ma pioggia e afa non hanno tuttavia scoraggiato i 200 mila partecipanti – ne erano attesi 30/50 mila – che hanno invaso i viali di Bologna. Appuntamento come previsto alle 14:30 sotto le due torri. Da lì la prima parte del corteo, stretta nelle viuzze del centro storico, ha raggiunto i carri che aspettavano il resto dei partecipanti ai Giardini Margherita.

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Ci sono i Radicali che invitano col megafono le coppie a sposarsi sul loro carro. Gli Orsi coi peli in vista, i genitori dell’Agedo che gridano il loro storico cavallo di battaglia: "etero o gay sono tutti figli miei". "Giulietta s’è sbagliata, ora s’è fatta la fidanzata" urlano le lesbiche veronesi. I "decadenti" sfilano incatenati. Ci sono i figli piccoli, a volte piccolissimi, della Famiglie Arcobaleno a loro agio sul colorato trenino dell’associazione. Ai motociclisti, come ogni anno, l’onore di fare strada al corteo.

Tuttavia le provocazioni, quelle che fanno precipitare i fotografi e mandano in tilt i loro flash, si contano. Il ministro per le Pari Opportunità è citato pochissimo. C’è solo un uomo vestito da suora con un cartello che informa della sua appartenenza all’"ordine delle Carfagnane". Lungo via Castiglione, una delle arterie della prima parte del percorso, alcuni manifestanti hanno simbolicamente occupato una chiesa sconsacrata. Un gesto durato in tutto 4 o 5 minuti, nulla di più.

E’ forse questo il tratto che ha caratterizzato questo Bologna Pride. La manifestazione si è distinta dalle edizioni precedenti per l’evidente equilibrio tra colore e impegno, tra costumi sgargianti e slogan sulle istanze e i diritti. Forse voluto, forse casuale. Gli anziani dell’associazione dei partigiani italiani ne saranno rimasti sorpresi. Era la prima volta che sfilavano anche loro al Gay Pride.

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E c’è spazio anche per un momento toccante. Il corteo fa tappa a Porta Saragozza, simbolo della vita gay cittadina e non solo: a destra della strada c’era il Cassero prima che il Comune lo spostasse; a sinistra c’è il triangolo rosa, simbolo dei caduti gay sotto il nazifascismo, alla base del monumento a loro dedicato. Una tappa in cui gli organizzatori hanno voluto ricordare la storia del movimento LGBT (le persecuzioni nazi-fasciste, la rivolta di Stonewall e la nascita del Cassero) per dire che da lì bisogna partire per preparare il futuro. E non è, forse, un caso che il 28 giugno ricorre l’anniversario proprio della nascita del circolo bolognese e della rivolta di New York.

Poi il corteo prosegue, sotto un sole che non vuole dare tregua, dritto verso la piazza dell’arrivo, passando per la murata che i writer bolognesi hanno voluto dedicare a questo Pride, proprio sotto la nuova sede del Cassero.

Sembra una comunità più matura, più preparata ad affrontare un momento non facile. Prendono la parola i politici, pochi. Per la prima volta dalla sconfitta elettorale parlano i rappresentanti del movimento lgbt. C’è Paola Concia, unica lesbica – dichiarata, si capisce – in Parlamento che urla tutta la distanza che c’è tra le persone in piazza e il "palazzo". Si alternano tutti gli altri.

Poi arriverà l’ora di un’altra festa, quella ufficiale del Gay Pride al Parco Nord. Lì sì che il divertimento diventerà sfrenato e, finalmente, fresco. Il party di via Stalingrado andrà avanti tutta la notte. Poi, tutti a casa. E da domani ognuno ricomincerà a vivere la propria vita. Ognuno a modo suo.

di Daniele Nardini

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