Lo scrittore Carlo Coccioli, nato nel 1920 a Livorno e da tempo residente in Messico, è morto per complicazioni polmonari sopraggiunte all’ennesimo intervento cardiaco cui si era sottoposto. Ne ha dato notizia il fratello all’amico, nonchè curatore dell’opera italiana, Enos Rota.
Coccioli che aveva adottato da tempo un ragazzo messicano, lascia un patrimonio composto da 17 case sparse tra Europa e America, oggetti d’arte dal valore inestimabile, e i diritti sulle opere letterarie tradotte in tutto il mondo per un valore di diverse decine di milioni di dollari all’anno. Grande cinofilo, lo scrittore aveva disposto da tempo che un terzo di tutti i suoi averi andasse alla lotta contro la vivisezione animale.
Lo scrittore aveva pubblicato pochi libri in lingua italiana, “Il migliore e l’ultimo” (1946), “La difficile speranza” (1947), “La piccola valle di Dio” (1948), si era trasferito poi in Francia, dove scrisse in francese, in Canada e infine, nel 1953, stabilmente in Messico, sua patria d’adozione. Molti suoi libri tra cui “Il cielo e la terra” (1949) o “Fabrizio Lupo” (1952), furono dei best seller in tutto il mondo. In essi Coccioli iniziò ad introdurre i temi dell’omosessualità in una poetica di conciliazione con la fede. Fu accolto freddamente dalla critica italiana che lo stroncò in varie occasioni. Nel 1995 è stato pubblicato un testo autobiografico, “Tutta la verità”, in cui ripercorre la sua vita, i rapporti con la società letteraria francese, messicana ed italiana e la sua relgiosità, che evolvé dal cattolicesimo ortodosso, all’ebraismo, all’induismo, al buddismo. “Il cristianesimo fa parte di me, della mia essenza. Gli rifiuto soltanto di voler obbligarci a credere che possiede il monopolio di Dio”, è una delle sue ultime frasi. Sarà sepolto nel cimitero ebraico della cittadina messicana in cui viveva ma aveva espresso di recente il desiderio di essere seppellito nella cappella familiare a Livorno.
di Carmine Urciuoli
© Riproduzione Riservata