Cecilia Gentili è riuscita a suscitare scandalo e a indurre al pensiero critico, anche dopo la morte. Merito di una vita condotta sempre sul fronte dell’attivismo. Gentili è stata una attivista transgender, speaker motivazionale e consulente educativa. Ha lavorato per difendere i diritti delle persone transgender, combattere la discriminazione e promuovendo l’inclusione. Ha anche contribuito a sensibilizzare l’opinione pubblica sulla realtà e le sfide affrontate dalle persone transgender.
Scomparsa prematuramente all’età di 52 anni lo scorso 6 Febbraio, le esequie di Gentili si sono tenute nella cattedrale di Saint Patrick a New York, procurando un certo sdegno da parte dell’arcivescovo di New York e scatenando polemiche presso la comunità cattolica della grande mela. Il parroco Enrique Salvo ha espresso critiche severe, affermando di essere stato ingannato sulle intenzioni della famiglia e degli amici riguardo alla natura del funerale. L’arcidiocesi ha emesso un comunicato manifestando indignazione per il comportamento considerato sacrilego e ha annunciato la celebrazione di una messa di riparazione su indicazione dell’arcivescovo Timothy Dolan.
Lo scorso Novembre Cecilia aveva rilasciato una magnifica intervista a Interview, nella quale, parlando di uno suo show a Broadway, affrontava il suo rapporto con Dio. Tra le risposte dell’intervista rilasciata ad Arron Walker (foto di Oscar Diaz), volentieri abbiamo tradotto questo racconto di Gentili:
Sì, è da molto tempo che sto riconsiderando il mio rapporto con la religione. Sono stato in cura per l’uso di droga per 17 mesi. A quel tempo andavo a letto con uomini e non c’erano indicazioni su come trattare una donna trans. A volte è stato divertente, ma non è stata la cosa migliore per me. Ora ho adottato un approccio di riduzione del danno alla droga, ma a quel tempo ero in astinenza, quindi frequentavo anche i gruppi di NA (narcotici anonimi, si tratta di gruppi anonimi di autoaiuto ndr). In NA, tutto ruota intorno alla tua relazione con Dio. Anche se vai dagli agnostici, sentivo di non poter seguire il programma perché non avevo un dio. Semplicemente non ho mai avuto l’opportunità di sperimentare una fede che mi abbracciasse pienamente. La religione è una questione davvero complicata per la maggior parte delle persone queer e trans. Andavo con mia nonna alla chiesa battista e non mi volevano lì. Lo hanno detto molto chiaramente. Anch’io frequentavo la chiesa cattolica ed entrambe sono state esperienze traumatiche per me che sono una persona queer. Così sono arrivato a identificarmi come ateo, ma so che tante persone trans sono riuscite a trovare una relazione con la fede in spazi che le includono.
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E infatti, il funerale di Cecilia Gentili è stato un indimenticabile momento di inclusione e glamour e anche di fede, qualunque cosa essa voglia dire. Il suo corpo è stato collocato nella bara, avvolto in un abito di tulle e perle disegnato da Oscar Diaz (autore anche delle foto di Interview che usiamo in questa pagina ndr), un artista queer del Queens celebrato in passato anche dal Met Gala. Il funerale è stato definito uno degli eventi più glamour dell’anno a New York, ed è stato molto più di una semplice cerimonia di addio. Raccontano le cronache newyorchesi che si è trattato di un vero e proprio momento di affermazione dell’orgoglio LGBTQIA+.
Le polemiche sono proseguite nei giorni successivi. Cecilia Gentili aveva espresso il desiderio di una cerimonia nella cattedrale di Saint Patrick, ma la sua famiglia aveva omesso il fatto che lei fosse anticlericale. Così, dopo la cerimonia, l’arcidiocesi di New York, inizialmente consenziente all’ospitare la salma di una donna transgender, ha poi cambiato atteggiamento definendo la commemorazione un “scandalo” pubblico, ed equiparandolo quasi a una profanazione.
Come scrive bene Marco Grieco su Vanity Italia, il gesto post-mortem di Gentili aveva lo scopo di ribaltare il significato del luogo, che in passato era stato teatro di scontri durante gli anni difficili dell’epidemia di hiv e Aids. Nel 1989, associazioni come Act Up e Wham! avevano protestato contro le politiche omobitransfobiche dell’allora cardinale John O’Connor, arcivescovo di New York, disturbando persino le messe con manifestazioni come “Stop The Church”, che portarono a numerosi arresti.
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