Alessandra Garau è una fotografa di Sassari, da sempre interessata a raccontare attraverso le immagini il folklore locale: sfilate, carnevali, maschere, e abiti ben radicati all’interno della cultura sarda. Ma lo sguardo di Garau vuole partire dalle origini per rovesciarne i costumi, riscoprendole di nuovo attraverso una veste nuova e libera da precostrutti. È così che è nato AЯE– progetto fotografico promosso dal MOS (Movimento Omosessuale Sardo) – che celebra la tradizione e al contempo sfida delle regole che nessuno ha mai scritto ma imposto per decenni: “Per me tutte le parole più belle finiscono are” racconta Garau “Sognare, volare, narrare, fotografare“.
Accompagnata dallə modellə Eleonora, Fabrizia, Antioco, e Michele, Garau ha preso gli intoccabili abiti tradizionali e fatto indossare gonne e coprifuoco a uomini con tacchi a spillo e pantaloni di fustagno – “tipici della virilità maschile sarda” – alle donne. Una scelta mossa dal desiderio di raccontare una realtà che esiste ma rimane ancora relegata ai margini del territorio sardo: “Mi sono esposta per dare voce alle persone che non hanno ancora il coraggio, che vivono delle situazioni che non permettono loro di essere ciò che sentono veramente di essere”. Insieme ad Alessandra Garau ha collaborato Antonella Carta, braccio destro del progetto, unica disposta a prestare e curare gli splendidi costumi di scena, in quanto nessuno nel paese era disposto a supportarlo
Se da una parte l’iniziativa di Garau e Carta è stata accolta con amore e supporto, dall’altra ha sollevato un polverone di polemiche, frutto della mentalità più chiusa e arcaica: tra insulti di ogni tipo a minacce di morte, Garau è stata accusata di aver infangato e ridicolizzato la tradizione e i costumi locali, in una reazione a catena che ha dato spago a tutto il bigottismo del luogo: “Mi dispiace dirlo perché sono una sarda e son fiera di esserlo, ma la Sardegna è indietro di vent’anni rispetto il resto d’Italia“. Quando il fatto è arrivato sulle pagine del giornale locale, Nuova Sardegna, le hanno detto di voler utilizzare l’omofobia come pretesto per farsi pubblicità. Ma Garau non ha intenzione di fermarsi: il suo progetto, coraggioso e abbastanza potente da destabilizzare le norme della tradizione, inizia a farsi strada ovunque. “Ora sono ancora più motivata di prima” dice.
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Con AЯE Alessandra Garau cattura l’amore per la terra in cui è nata e ne riscrive la storia, celebrando e mettendo al centro chi non trova mai posto: identità e corpi che danzano troppo liberi e fieri per piegarsi alla rigidità delle convenzioni.
AЯE è solo uno dei vari eventi che accompagneranno il Sardegna Pride del 2 Luglio.
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