Non ha stupito praticamente nessuno negli ambienti vaticani la notizia che Francesca Immacolata Chaoqui fosse il “corvo donna” che passava informazioni riservate a giornalisti, a cominciare da Gianluigi Nuzzi, il cui libro “Sua santità” era stato al centro dello scandalo del primo “Vatileaks”. I rapporti della ragazza con lo stesso Nuzzi, con Dagospia, con giornalisti di Repubblica erano cosa nota da anni. Stamani è stata arrestata dalla Gendarmeria vaticana nell’indagine “Vatileaks 2” per la fuga di documenti riservati della Santa Sede ma è stata subito rilasciata per la collaborazione prestata agli inquirenti vaticani. “Non sono un corvo, non ho tradito il Papa”, questa mattina su Twitter Francesca Immacolata Chaouqui. Ma vediamo chi è e che rapporti (pessimi) ha con la comunità LGBT.
Nata in un paesino della provincia di Cosenza nel 1981, sposata con un ingegnere informatico con rapporti con lo Ior, la banca vaticana, la bella Francesca, nonostante il suo aspetto decisamente vamp, già dal 2010 aveva iniziato a costruire una rete di contatti con alti prelati che gravitavano attorno alla Santa Sede. E’ sempre stata una grande protetta di Vallejo Balda, segretario della prefettura degli affari economici della Santa Sede. Di Balda Papa Francesco si fidava al punto di fare scegliere a lui i componenti da inserire nella commissione e tra questi era spuntata, unica donna, proprio la Chaoqui. Francesca era stata premiata, nonostante le sue scarse competenze nella specifica materia, con un incarico “con facoltà di accesso a tutte le carte più riservate”. Ed infatti stamattina insieme alla Chaoqui è stato arrestato pure Vallejo Balda.
Francesca si era distinta nei scorsi mesi, ed in particolare durante il Sinodo sulla Famiglia, per alcuni tweet decisamente anti-gay. Chaouqui si è infatti fatta conoscere per il suo tweet al vetriolo contro Benedetto XVI («È affetto da leucemia»), il cardinale Tarcisio Bertone («Corrotto») e l’ex ministro Giulio Tremonti («Gli hanno chiuso il conto allo Ior perché è gay»). Tweet che la donna non ha mai riconosciuto ufficialmente e che sono stati poi rimossi dal social network. A ciò si aggiungono le simpatie guarda caso per il movimento no gender guidato da Mario Adinolfi.
Ma la cosa più grave è quando accadde l’11 ottobre in un post (ormai rimosso ma presente nella cache di google ) sulla sua pagina Facebook. Francesca, nella sua fobia anti-gay, si trovava crediamo per caso in un ristorante dove una coppia di donne era tranquillamente seduta ad un tavolo insieme a due bambine: sono due figlie, lei ha presunto, e così ha pensato bene di fotografarle a loro insaputa, metterle su facebook in barba alla privacy e commentarle in questo modo così vergognoso:
“Eccola qua una famiglia arcobaleno: le bimbe che chiamano mamma entrambe queste due donne, una parla con loro, una delle due interviene di meno, quando lo fa il suo intimare è perentorio. 2 donne e due bambine, un universo al femminile che esclude una componente fondamentale: l’altro pezzo che ha generato questi due esserini messi qua a soddisfare il bisogno di queste due signore di far sembrare fecondo un amore che per natura non lo è. Ma perché l’uomo cerca di sovvertire così il diritto naturale? Perché l’uomo è così egoista da infliggere a degli innocenti la condanna di vivere con due madri o due padri? Ognuno può amarsi come vuole se adulto e consenziente ma a queste due da vengono chi glielo spiega? Chi è il loro padre? Dov’è in questa domenica d’autunno quando al tavolo a fianco c’è una famiglia con una mamma e un papà che parlano tra loro? Un pensiero al Sinodo e a tutti quei semplici che avevano scambiato l’accoglienza e la misericordia che il Santo Padre riserva a casi come questi per accettazione da parte della chiesa di simili abomini… Noi cristiani diremo sempre no a tutto questo e anche se le leggi dello stato sovvertiranno il diritto naturale di ogni bambino di avere una madre e un padre, diremo di no, insegneremo ai nostri giovani che l’amore fecondo è di un uomo e una donna, che i figli sono doni e non diritti per soddisfare egoismi. Non sono cagnolini da esposizione per il pranzo delle domenica di due signore dabbene in una Londra d’ottobre.”
E poi, in un altro post di “chiarimento“:
“Un mio collega aveva due figli, due maschi”, racconta. “Poi trovò un compagno e andò a vivere con lui. Vedeva i figli nel fine settimana con il compagno. Si tenevano per mano… Un giorno vennero a casa mia per un aperitivo, eravamo colleghi e amici, e decisero di portare i bambini. Io lo sguardo di dolore, rabbia, repulsione, sofferenza del grande davanti al padre che stringeva la mano del compagno sul mio divano non l’ho mai più dimenticata… Dissi al mio collega che forse dovevano farsi aiutare da qualcuno, e lui mi rispose che il figlio prima o poi avrebbe capito che amare era un suo diritto. Invece di capire il figlio smise di parlare ed io di frequentare quel collega e il suo compagno. È quello sguardo che vedo quando difendo e difenderò sempre i bambini dall’abominevole (si avete letto bene, abominevole) pseudo amore di chi vuole un figlio per egoismo”.