Era già accaduto nel 2010 e l’evento si è ripetuto negli ultimi giorni.
La Corte europea dei diritti umani di Strasburgo ha condannato la Russia per la sua conclamata omofobia istituzionale. Il Paese guidato da Putin è stato condannato per aver violato i diritti a manifestare e a non essere discriminati di 7 persone, a cui le autorità hanno in più anni negato la libertà di scendere in strada pacificamente a sostegno della comunità LGBT.
La Russia, sottolineano dalla Corte, deve “fare grandi sforzi a lungo termine per adottare misure generali, in particolare per assicurare la libertà di manifestare e di non essere discriminati delle persone Lgbt”.
Egual misura venne ufficializzata nel lontano 2010. In 8 anni, purtroppo, nulla è cambiato, tanto da portare la Corte ad evidenziare come tutti i Paesi membri del Consiglio d’Europa siano obbligati a prendere le necessarie misure per impedire che gli stessi diritti continuino a essere violati. Peccato che a Putin, tutto ciò, entri da un orecchio per uscire dall’altro. Sanzioni più dirette, stringenti ed economicamente importanti, probabilmente, farebbero maggiormente breccia all’interno della politica russa.
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