L’evento top glam del Festival di Cannes si è svolto ieri, ed è il tradizionale gala dell’amfAR al fiabesco Hôtel du Cap Eden-Roc di Antibes, dove sono stati raccolti più di trenta milioni di dollari per la ricerca contro l’Aids. Novecento invitati per cena (un tavolo costava dai 42000 agli 84000 euro) e vertiginosa asta lanciata dal produttore Harvey Weinstein dove sono stati battuti gli oggetti più svariati, da una statua di Botero a un disegno di Bansky della collezione personale di Leonardo DiCaprio (arrivato bypassando il photocall, vistosamente ingrassato e con lunga barba). Ma si poteva acquistare per beneficienza anche una photo session con Mario Testino, un ritratto di Elizabeth Taylor firmato Andy Warhol o un pranzo per dodici con Andrea Bocelli (!) che si è esibito insieme ad altri cantanti tra cui Mary J. Blige. Pezzo forte? La coloratissima installazione di Jeff Koons intitolata Coloring Book con base d’asta di 12 milioni di euro.
Il parterre era zeppo di star: Antonio Banderas con la fidanzata Nicole Kimpel, Marion Cotillard in Gaultier verde acceso e gioielli Chopard, Jake Gyllenhaal pettinato da Dessange, Adrien Brody, Eva Longoria, Noomi Rapace, Paris Hilton, Ornella Muti, Dita Von Teese, Tom Ford. Quest’ultimo ha firmato l’abito bianco latte con scollatura vertiginosa di Gigi Hadid ma anche quello di Karlie Kloss che ha aperto le danze. Lo stilista e regista americano del bellissimo A Single Man ha annunciato il suo prossimo film: sarà un thriller psicologico venduto alla cifra record di venti milioni di dollari, la più alta al Marché di quest’anno, s’intitolerà Nocturnal Animals e sarà distribuito da Universal e Focus. In predicato per interpretare i protagonisti sono Jake Gyllenhaal e Amy Adams. Tratto dal romanzo di Austin Wright Tony e Susan, pubblicato nel 1993, segue le vicende di una donna che riceve un manoscritto dal suo ex marito lasciato vent’anni prima, chiedendole il suo giudizio. Il libro contiene due storie: la prima è intitolata Nocturnal Animals e racconta di un uomo la cui vacanza si trasforma in un incubo letale; la seconda è quella di Susan che rievoca il suo primo matrimonio e si confronta con alcune oscure verità su se stessa.
Nel frattempo, in concorso, si candida alla Palma d’Oro il bellissimo Dheepan di Jacques Audiard, straordinario inno alle famiglie di fatto e all’integrazione razziale, col consueto stile visionario ed energico del grande autore francese. Ci ha commosso fino alle lacrime l’incredibile avventura di un ex soldato delle Tigri Tamil, Dheepan appunto (l’impronunciabile Jesuthasan Anthonythasan, noto in Sri Lanka come scrittore di successo) che per fuggire in Francia dopo lo sterminio della sua famiglia, finge di aver ancora moglie e figlia approdando insieme a loro, che nemmeno conosce, nella periferia parigina dove fingono di essere una famiglia. Lui trova lavoro come custode di un palazzo occupato da una pericolosa gang di malviventi, lei come badante di un anziano legato anch’esso alla criminalità mentre la bimba ha difficoltà ad ambientarsi a scuola. Ma la guerriglia urbana farà riemergere in Dheepan lo spirito combattivo necessario a difendere la sua nuova famiglia d’elezione. Momenti altissimi: l’apparizione dell’elefante, la filastrocca della piccola senza amici, il prefinale choc.
Vari film inseriti nell’elenco Queer Palm presentano la tematica lgbt in maniera decisamente secondaria: nell’artigianale documentario Pauline s’arrache (Pauline si arrabatta) di Emilie Brisavoine si tenta un videocollage alla Tarnation, ma senza ispirazione stilistica, della vita di una ragazza francese il cui patrigno è un omosessuale con l’hobby di travestirsi da donna, inizialmente causa di sconcerto in famiglia. Il risultato è un confuso assemblaggio di filmini amatoriali, spesso poco interessanti, alternati a inserti grafici fiabeschi che raccontano la vicenda famigliare alla fin fine piuttosto ordinaria come se fosse una favola classica con re e regine.
Viene raccontato come una fiaba ad alcuni bimbi in un dormitorio anche il poco riuscito Marguerite et Julien di Valérie Donzelli. Qui l’inserimento nella lista dei candidati al premio lgbt è assolutamente pretestuoso e limitato a un fugace (e ridicolo) travestimento da uomo con baffetti alla Jules & Jim della protagonista, un’espressiva Anaïs Demoustier nel ruolo di Marguerite de Ravalec, figlia del signore di Tourlaville, legata da amore incestuoso al fratello Julien (Jérémie Elkaïm) che la porterà al patibolo. Ridicola la scelta di inserire elementi storicamente incongrui quali elicotteri o bigliardini per infondere un effetto straniante assolutamente insensato.
Nel mediocre The Valley Of Love di Guillaume Nicloux un pachidermico Gérard Depardieu e un’atonale Isabelle Huppert si ritrovano nella torrida Valle della Morte, tra California e Nevada per rispettare il surreale appuntamento richiesto in una lettera prima di suicidarsi del figlio forse gay (la madre teme che sia morto di Aids). Se la prima parte semina indizi inquietanti – la madre sostiene di essere stata aggredita di notte in motel e trova la testa di un cane senza un occhio in un bagno – il brutto thriller psicologico si perde presto in inerti vagheggiamenti privi di alcun rampino narrativo: un’occasione sprecata.
Uno dei titoli migliori – ma è fuori concorso – resta il genialoide film d’animazione Pixar Inside Out di Pete Docter in cui le emozioni di una bimba prendono vita nel suo Centro Cerebrale e ne combinano di tutti i colori: sono Gioia, Tristezza, Rabbia, Disgusto e Paura. Compare anche lo strepitoso amico immaginario della protagonista, un elefante rosa decisamente queer le cui lacrime sono caramelle colorate: divertentissimo, scatenato, creativo all’ennesima potenza.
di Roberto Schinardi – da Cannes
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