C’è chi grida impunemente alla ‘censura’ nei confronti di Donald Trump, bannato prima da Facebook e successivamenta da Twitter, nella notte, con il suo profilo definitivamente chiuso. Sbagliando. Perché chiunque apra un profilo social dovrebbe avere la buona creanza di leggere le linee guida da seguire, pena per l’appunto la sospensione dell’account. Ogni giorno migliaia di profili vengono bloccati, silenziati, cancellati. L’anomalia, purtroppo durata anni, è precedente, ovvero l’aver permesso al tycoon di diffondere fake news a rullo continuo, alimentando disinformazione, odio, incitando alla violenza. Da quando ha perso le elezioni con Joe Biden la situazione è letteralmente precipitata. Twitter e Facebook hanno atteso troppo, arrivando a mettere una tardiva pezza dopo i fatti di Washington, che sono costati quattro morti, decine di feriti e un’immagine devastante per la più antica democrazia moderna.
“Dopo aver revisionato i più recenti tweet di @realDonaldTrump e averli contestualizzati, analizzando come vengono recepiti e interpretati su Twitter e fuori, abbiamo deciso di sospendere permanentemente l’account per evitare ulteriori rischi”. Questa la motivazione data ieri sera, per quanto il tycoon abbia ancora a disposizione l’account ufficiale presidenziale, @POTUS, da Trump utilizzato sempre pochissimo. Fino a stanotte, quando ha parlato di ‘cospirazione’ ai suoi danni, per poi rivelare di essere “in trattative con altri siti. Stiamo valutando la possibilità di costruire una nostra piattaforma. Come dico da tempo, Twitter si è spinta ben oltre il vietare la libertà di parola e stasera i suoi dipendenti si sono coordinati con i democratici e la sinistra radicale per rimuovere il mio account dalla loro piattaforma, per far tacere me, voi e i 75 milioni di americani che mi hanno votato. Non ci metteranno a tacere. Twitter non è libertà di parola“. Tweet poi cancellati dal social network, ma l’incendiario numero uno d’America non ha nessuna intenzione di abbassare i toni. Anzi.
Dinanzi ad un uomo visibilmente instabile e pericoloso, Twitter e Facebook hanno fatto ciò che da tempo si chiedeva loro, perché era inammissibile che da un account seguito da milioni di persone ogni giorno piovessero insulti, accuse infondate, menzogne. Ad un qualsiasi cittadino quel profilo sarebbe stato chiuso immediatamente. All’uomo più potente del mondo è stato invece concesso di fare il proprio porco comodo, fino a quando i cocci sono andati in frantumi in diretta nazionale, pochi giorni fa, dal Campidoglio americano, con Donald pifferaio magico a teleguidare il proprio esercito di esagitati.
La parabola politica trumpiana sembrerebbe arrivata al suo punto di non ritorno, per quanto l’America estremista e incattivita dei suoi fedelissimi parrebbe poter sopravvivere anche oltre il rosso presidente. Il partito repubblicano dovrà cercare di ritrovare un’identità, andata in mille pezzi 5 anni or sono con l’avvento di Trump, mentre ai democratici spetterà il compito di riunificare un Paese diviso a metà, prima con il moderato Biden e a seguire, chissà, con l’attuale sua vice Kamala Harris. Il 20 gennaio, giorno del loro insediamento, è fortunatamente sempre più vicino.
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