Pro Vita & Famiglia prosegue la sua battaglia di pura disinformazione nei confronti della carriera alias, strumento che consente agli studenti trans* di cambiare nome e genere a scuola ancor prima dei 18 anni e di un eventuale compimento del percorso giuridico relativo al cambiamento di genere. Al di fuori dell’università o della scuola la carriera alias, lo ricordiamo non ha alcun valore: non sostituisce un documento d’identità. Non essendo un documento ufficiale, non ha un valore legale.
Lo scorso anno Pro Vita diffidò 150 scuole, chiedendo urgentemente l’intervento del ministro Giuseppe Valditara. Secondo Pro Vita & Famiglia Onlus, “assegnare un nome diverso a uno studente in base a una mera auto-percezione di genere, per di più priva di una diagnosi di disforia di genere, non solo è una procedura dannosa per la sua sana maturazione psico-fisica, ma è soprattutto in aperto contrasto con le normative vigenti in campo amministrativo, civile e potenzialmente anche penale“.
Negli ultimi giorni a Roma sono comparsi i nuovi aberranti manifesti di una campagna nazionale di Pro Vita, in passato più volte condannata a pagare multe salate per i suoi affissi. Cartelloni che seguono quelli dello scorso anno, con un bimbo in lacrime perché ‘costretto’ a mettere il rossetto e ad indossare fiocchi rosa.
In questa nuova campagna si vede un giovane studente vestito con la bandiera dell’arcobaleno, con un tacco a spillo rosso in un piede e un anfibio nell’altro. “Basta confondere l’identità sessuale dei bambini nelle scuole. Stop gender e carriera alias“, si legge, con tanto di codice per firmare la petizione contro il “gender nelle scuole” (raccolte ad oggi 96.585 firme). Bisognerà ora capire se dal Campidoglio, più volte criticato da Pro Vita per le politiche del sindaco Gualtieri e per la nascita dell’Ufficio Diritti LGBT+ affidato a Marilena Grassadonia, arriveranno nuovi stop come avvenuto a inizio 2023 con l’indecente campagna contro la GPA, dichiarando simili manifesti semplicemente illegali.
Nel dubbio i pro vita d’Italia, contrari all’aborto, all’eutanasia, ai diritti LGBTQIA+, alle famiglie arcobaleno, all’educazione sessuale e di genere nelle scuole, sono sempre più presenti tra le fila del governo Meloni. Alfredo Mantovano, ex vicepresidente del centro studi Livatino (“Associazione di giuristi che studia il diritto alla vita, la famiglia e la libertà religiosa in un’ottica di coerenza con il diritto naturale”) punto di riferimento del Family Day, è Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, vera spalla di Giorgia Meloni. Massimo Gandolfini, padre del Family Day, è diventato consulente dell’attuale Governo al Dipartimento per le politiche antidroga. Eugenia Roccella, nel 2007 portavoce del Family Day, è diventata Ministro per la famiglia, la natalità e le pari opportunità. Lavinia Mennuni, nel 2012 promotrice della Marcia della Vita, è diventata senatrice con Fratelli d’Italia.
Pro Vita e Famiglia è solo una parte della sempre più ampia area “no gender” che lentamente si sta inserendo tra le maglie della politica nazionale. La guerra dichiarata alla carriera alias, che Fratelli d’Italia ha provato ad attaccare in Lombardia, prosegue incessante da un anno, perché a a detta di Jacopo Coghe & Co. sarebbe una “procedura illegale e pericolosa: ragazzi e ragazze che vivono momenti di fragilità emotiva dovuti allo sviluppo saranno indotti a intraprendere percorsi per il cambio di sesso. In pochi mesi le scuole che hanno già adottato questa procedura – spinte dalle associazioni Lgbt – sono circa 100. Se non agiamo subito, nel nuovo anno scolastico il fenomeno dilagherà. Sarà uno tsunami gender”.
“È vergognoso che politici come Zan, Cirinnà e Schlein cerchino di strumentalizzare i recenti fatti di cronaca per sponsorizzare l’educazione affettiva nelle scuole”, ha tuonato oggi Coghe, portavoce di Pro Vita, nel lancio di questa nuova campagna. “Pensano di prevenire la violenza di genere confondendo ancor di più bambine e bambini, ragazze e ragazzi sulla loro identità sessuale e sulla sana relazione tra uomini e donne, andando così ad aumentare proprio i problemi alla base di questi raccapriccianti fatti. Non solo non esiste alcun nesso tra la cosiddetta fantomatica “educazione affettiva” nelle scuole e la diminuzione delle violenze contro le donne, ma nei Paesi in cui la si impartisce da decenni tali violenze sono addirittura aumentate. L’educazione affettiva in salsa relativista e arcobaleno non solo non è la soluzione del drammatico problema, ma è parte del problema stesso. Un indottrinamento martellante che purtroppo trova conferme e terreno fertile in alcune amministrazioni locali, che spingono per introdurre la Carriera Alias e il gender nelle scuole. Come a Roma, dove Roberto Gualtieri, appena eletto, ha istituito un Ufficio per i Diritti Lgbt con a capo Marilena Grassadonia, già presidente di Famiglie Arcobaleno, e ormai da mesi sono numerose le iniziative Lgbt nelle scuole con il sostegno del comune o addirittura gli incontri, come al Municipio XI, per spingere gli Istituti e i Licei ad adottare la Carriera Alias. Tutto questo è pericoloso per bambini e adolescenti, perché fa loro credere che si possa davvero “nascere nel corpo sbagliato” con il rischio di intraprendere percorsi di cambio di sesso sia sociale che chirurgico, spesso irreversibili. Le famiglie non sono disposte ad appaltare l’educazione dei loro figli a chi vorrebbe utilizzare le scuole per promuovere le proprie idee politiche e ideologiche”.
Allarmismo fantapocalittico privo di qualsiasi connessione con la realtà, puntualmente diffuso non solo sui social ma anche tra le strade delle più grandi città d’Italia.
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