Era il 13 gennaio 1998 e in Piazza San Pietro, a Roma, un uomo si dava fuoco per protestare l’omofobia delle gerarchie vaticane. Si chiamava Alfredo Ormando ed è in sua memoria che è stata istituita la Giornata mondiale per il dialogo tra religioni e omosessualità. Il dibattito sul rapporto tra la fede religiosa, non per forza limitandosi al Cristianesimo che più conosciamo, e l’omosessualità è sempre molto attuale e oggi – verrebbe da dire – ancora di più.
Ormando, scrittore e figlio di contadini senza alcuna istruzione, rimase per tutta la vita prigioniero del contesto bigotto che lo circondava e che non ha mai accettato la sua sessualità, arrivò a considerarsi un fallito perché le case editrici non accettarono mai di pubblicare le sue opere, tra cui spiccava una trilogia autobiografica.
Il suo gesto estremo ha spinto a richiedere una giornata di riflessione, in cui si potesse considerare davvero un dialogo equo e giusto tra l’omosessualità e le religioni che, almeno storicamente, l’hanno condannata. Certo, vista la presenza del Vaticano in Italia, la prima che salta alla mente è il Cattolicesimo, quella che conosciamo meglio e di cui conosciamo anche la posizione nei confronti della comunità LGBTQ+. Tuttavia, ci sono anche altre confessioni che hanno assunto posizioni diverse e più inclusive. E lo stesso vale per gli altri due monoteismi, Islam ed Ebraismo, ed anche per il Buddhismo.
Nelle tre religioni monoteiste, l’approccio classico è più o meno lo stesso: storicamente, l’omosessualità è stata condannata. Sulla Bibbia, Genesi 19, c’è il noto episodio di Sodoma e Gomorra, nel Levitico 18:22 si scrive: “Non avrai con un uomo relazioni carnali come si hanno con una donna: è cosa abominevole”. Il concetto di orientamento sessuale, poi, non trova nemmeno riconoscimento né applicazione nella legge islamica, in cui un concetto analogo a ciò che intendiamo come omosessualità non esiste. In generale le espressioni sessuali tra persone dello stesso sesso emergono in modi diversi e in contesti separati, anche se alla fine sono trattati allo stesso modo. Ancora oggi, infatti, nella maggior parte dei Paesi a religione islamica l’omosessualità è illegale.
Meno frequentemente si trovano invece narrazioni, riflessioni e chiarimenti sul modo in cui l’ebraismo ha visto e vede l’identità omoaffettiva e omosessuale. Anche se l’ebraismo ortodosso è categorico nel condannare l’omosessualità, le correnti più progressiste e riformate starebbero invece dimostrando una graduale apertura all’inclusione. Fu proprio durante un’intervista a Gay.it che il rabbino progressista Haim Fabrizio Cipriani raccontò a Jonathan Bazzi come «esistono atteggiamenti di grande apertura in alcuni ambienti ortodossi, ma anche di grande chiusura in ambienti molto progressisti, quindi tutto è molto trasversale. Certamente in ambito progressista c’è una maggiore volontà di rispetto dell’intimità degli individui. Per questo nelle correnti progressiste alcuni celebrano anche cerimonie fra coppie LGBT».
Ma come si può instaurare, allora, un dialogo tra fedi religiose e omosessualità?
Sappiamo che per quanto riguarda il Cristianesimo, ad esempio, solo in tempi recenti alcuni esponenti delle gerarchie ecclesiastiche hanno mostrato un’apertura nei confronti della comunità LGBTQ+ e delle coppie dello stesso sesso. Anche il pontefice, Papa Francesco, si è espresso in termini più propensi all’accettazione, affermando come «anche gli omosessuali sono figli di Dio». Non è bastato: la religione è ancora una delle principali motivazioni usate da conservatori e una parte non indifferente di politica per attaccare la comunità LGBTQ+.
Si tratta, tuttavia, di un atteggiamento che probabilmente con un dialogo adatto potrebbe anche cambiare. «Il dialogo si amplia su tanti livelli, non solo sull’omosessualità, e ci sono tante limitazioni di fronte alle quali tutte le chiese, anche quelle che si sono operate per un percorso di inclusione, sono tutte impreparate», ci dice al telefono William Jourdan, pastore della Chiesa Valdese di Genova. «C’è un’esigenza di approfondimento e comprensione ulteriore, senza questo tentativo non si riesce ad andare oltre la dimensione del pregiudizio».
La Chiesa Valdese è una confessione evangelica protestante, nata nel XV secolo come movimento ereticale e inseritasi poi nella corrente della riforma protestante. Oggi è una piccola minoranza e ha contatti con altre famiglie confessionali. Una confessione decisamente progressista che, già nel 2010, aveva preso la decisione di autorizzare la benedizione delle coppie dello stesso sesso.
Un primo passo potrebbe essere una lettura più attenta di alcuni episodi delle Sacre Scritture la cui interpretazione canonica spesso viene usata come deterrente per aprire all’omosessualità. Prendiamo ad esempio Genesi 19, Sodoma e Gomorra, ci dice il Pastore Jourdan. «Una lettura più attenta è che ad essere condannata è la violenza degradante. Lo stupro non ha niente a che fare con la sessualità condivisa nell’amore. C’è un documento della Pontificia Accademia che la spiega in questi termini».
«C’è però una difficoltà a far entrare determinati cambiamenti di comprensione, facendo attenzione a non portarci dietro i nostri pregiudizi»
È tutta una questione di interpretazione, quindi, anche per Lodro Rinzler, insegnante di pratiche buddhiste di New York che alla domanda di Gay.it su “cosa dicono gli insegnamenti del Buddha riguardo l’omosessualità”, si è lasciato sfuggire un piccolo sorriso. Non è mai stato chiaro, in realtà, perché l’omosessualità non viene mai esplicitamente nominata e si parla solo di condotta sessuale. «Il Buddhismo si è diffuso in tutto il mondo e incontrando nuove culture ha continuato ad adattarsi per soddisfare le norme sociali. Ciò ha portato alcuni aspetti del Buddhismo ad essere interpretati rigorosamente in un luogo (Tibet del XIV secolo) mentre molto diversamente in un altro (l’Occidente, oggi)», spiega.
«Qualità come la consapevolezza e la compassione possono essere praticate da tutti noi, indipendentemente dall’orientamento sessuale, dalla razza, dall’origine etnica, dal reddito o da quello che hai. Tutti sono accettati come buddhisti se vogliono esserlo; tutti possediamo gli stessi semi di veglia e compassione dentro di noi»
Secondo Lodro Rinzler, gli insegnamenti del Buddha sulla condotta sessuale si applicano tanto agli eterosessuali quanto alle persone queer. È vero che nel 1997 il Dalai Lama si espresse in termini molto diversi ma, di nuovo, è tutta una questione di come si sceglie di leggere le indicazioni che arrivano dalla religione.
La questione del rapporto, e del necessario equilibrio, tra essere queer e mantenere la propria fede religiosa è un tema sempre attuale e, per alcune persone, anche fonte di grande disagio. Molte persone queer raccontano di come gli atteggiamenti e le prese di posizione delle Chiese le abbiano portate a vacillare nella loro fede. Una cosa è certa: essere queer non esclude essere credenti. Alla fine, oltre qualsiasi dibattito si possa instaurare, la spiritualità è un elemento intimo quanto la sessualità, e come tale va vissuta. Sul dialogo: possiamo dire che ci stiamo lavorando?
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