Il rapporto estetico fra pelo e corpo maschile ha avuto una storia molto più complessa e travagliata di quanto non sembri a prima vista, anche e soprattutto nell’arte. Mentre dal Medioevo all’epoca vittoriana il corpo maschile ha avuto ben poche occasioni per essere valorizzato, l’arte ha continuato a richiamarsi agli ideali estetici dell’antica Grecia, con i suoi corpi perfetti e a dir poco levigati, continuando ad associare al pelo un’idea di sporco, selvatico e malsano (e in effetti, considerando le condizioni igieniche in cui si viveva fino a un secolo fa, non aveva tutti i torti). D’altra parte la morale (religiosa e non) aveva influito sulla moda per millenni, impedendo che cultura e società si confrontassero realmente col corpo maschile: basti pensare che, fino agli anni ’20 dello scorso secolo, i costumi da bagno maschili erano rigorosamente interi e a mezza manica. Le cose iniziarono a cambiare con l’arrivo della fotografia e la diffusione del naturismo in Europa, che per la prima volta rimetteva in discussione il corpo maschile e le sue caratteristiche "naturali", influenzando anche la nascente cinematografia di largo consumo.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale, però, iniziò a prevalere la cultura americana del maschio body builder (e della relativa depilazione), promossa anche dalla censura hollywoodiana. Infatti il codice censorio americano, che tenne banco dagli anni ’30 agli anni ’60, stabiliva che i corpi maschili avrebbero dovuto essere sempre glabri o depilati, proprio perché il pelo maschile era giudicato troppo provocante. Poi, per fortuna, arrivarono la rivoluzione sessuale, il movimento gay, la fotografia omoerotica e artisti come Tom of Finland… E dagli anni ’70 agli anni ’80 ci fu una generale riscoperta del maschio villoso, anche e soprattutto in ambito gay, che però si fermò all’improvviso a causa della prima epidemia di AIDS. Infatti la generazione di gay che aveva appena iniziato a riscoprire il fascino del pelo maschile venne letteralmente decimata, e così le generazioni successive vollero prendere le distanze dai suoi modelli estetici, dando il via a quel processo che sarebbe culminato una decina di anni fa con la diffusione dell’estetica metrosexual, che dal mondo gay è presto tracimata in quello etero.
Eppure il fuoco covava sotto le braci, alimentato dalla comunità bear e da quanti consideravano il pelo un attributo maschile di primo piano. Così, grazie anche all’apporto di una nuova generazione di fotografi e artisti (ma anche di diversi registi hard), nell’ultimo decennio la cultura gay ha iniziato a riappropriarsi del maschio peloso in tutte le sue declinazioni, facendolo tornare un’icona omoerotica di tutto rispetto. Per celebrare questa riscoperta l’editore Gmunder ha appena pubblicato una bellissima antologia (che si intitola giustamente “Hair”, e cioè "pelo"), che raccoglie un’ottima selezione di fotografi, fumettisti e artisti contemporanei che hanno scelto di valorizzare il pelo maschile attraverso i loro scatti e i loro disegni. Riassumere in poche righe le opere e lo stile di una cinquantina di artisti, anche molto famosi, è praticamente impossibile, tuttavia vale la pena sottolineare che sfogliando questo volume si può capire quanto l’estetica dell’uomo villoso può essere variegata e seducente.
Altro dato degno di nota è che la stragrande maggioranza degli artisti presenti ha accompagnato le sue opere con una foto personale: evidentemente sono sempre più lontani i tempi dell’anonimato obbligatorio per chi realizzava questo genere di cose, e considerando che questi artisti provengono da tutto il mondo è sicuramente un segnale positivo. Altro segnale decisamente positivo è la presenza in questo volume di due artisti italiani: Franze e Andarle, che da un paio d’anni hanno conquistato il pubblico internazionale con il loro bellissimo fumetto pratesco Black Wade (che il prossimo autunno, finalmente, dovrebbe avere anche un’edizione italiana). Molto interessante è anche la presenza di alcuni mangaka giapponesi del calibro di Gengoroh Tagame e Kazuhide Ichikawa, a riprova del crescente interesse da parte dell’editoria occidentale per i cosiddetti bara manga (i manga erotici gay per gay). Insomma, nella cultura gay contemporanea sembra proprio che l’uomo villoso abbia riguadagnato terreno, rappresentando una quotata alternativa a metrosexual e simili. Certo nei media italiani si sta facendo largo con qualche anno di ritardo, ma – almeno per questa volta – non è il caso di stare a cercare il pelo nell’uovo.
Per maggiori informazioni potete consultare il sito https://www.brunogmuender.com/
di Valeriano Elfodiluce
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