Ho paura torero, Lino Guanciale è una Fata a teatro nel capolavoro queer di Pedro Lemebel

Una storia d'amore tra un travestito e un giovane ragazzo che agisce tra le fila di un piccolo esercito rivoluzionario e che sta preparando un attentato contro Pinochet nel Cile di metà anni '80.

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Ho Paura Torero
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Debutta oggi al Teatro Grassi di Milano l’adattamento di Ho paura torero, struggente e visionario capolavoro di Pedro Lemebel, icona della letteratura queer e pop camp sudamericana, portata in scena da Claudio Longhi e Lino Guanciale.

Il 44enne attore di Avezzano, celebre volto delle fiction nazionali da L’Allieva alla Porta Rossa passando per Noi, Che Dio ci aiuti, Una Grande Famiglia, Il commissario Ricciardi, Sopravvissuti, Noi siamo Leggenda e Un’estate fa, indossa gli abiti della Fata dell’angolo, travestito passionale e canterino, sartina delle signore dei quartieri alti del Cile di metà anni ’80, anima d’artista. Mentre Carlos è un militante del Fronte patriottico Manuel Rodríguez, a caccia di un nascondiglio sicuro per le sue riunioni clandestine. Per amore, la Fata offre al ragazzo la propria soffitta. Per amore, accetta le mezze verità di Carlos, gli incarichi rischiosi necessari per la Causa: le basta stargli accanto. Assillato da una moglie logorroica, tormentato da incubi d’infanzia e paure di morte, Pinochet va e viene dal proprio “retiro” del Cajón del Maipo, residenza estiva che domina Santiago dall’alto. Finché un giorno, lungo la strada rovente che scende verso la capitale, la sua pista si incrocia drammaticamente con quella di Carlos. Finché un giorno, dopo l’imboscata a Pinochet, Carlos e la Fata si trovano un’ultima volta di fronte. In tutt’altro scenario, tutt’altro attentato.

Sul palco anche Daniele Cavone Felicioni, Francesco Centorame, Michele Dell’Utri, Diana Manea, Mario Pirrello, Arianna Scommegna e Giulia Trivero, al cospetto dell’adattamrnto di un cupo e prezioso smeraldo della letteratura romanzesca ispano-americana, edito in Italia da Marcos y Marcos. Claudio Longhi e Lino Guanciale hanno composto un murale rutilante di storie incrociate. Uno spettacolo in bilico tra sogno e storia, fuga fantastica e violenta quotidianità, che è anche un omaggio alla penna ironica e appassionata, graffiante e visionaria, scandalosa e sovversiva di Pedro Lemebel (1952-2015), icona della letteratura queer e pop camp del Sud del mondo.

Intervistato da Pino Gagliardi per The Hollywood Reporter Roma, Guanciale ha confessato di aver portato in prima persona all’attenzione del direttore del Piccolo Claudio Longhi il libro di Pedro Lemebel a lui consigliato da sua moglie, a sua volta consigliata da un libraio di fiducia.

“È l’unico romanzo che ha scritto e in Italia è conosciuto da una nicchia di entusiasti appassionati, cioè chi lo conosce non può che amarlo. Quando l’ho letto ne sono rimasto folgorato. E così Claudio Longhi: tra i tanti progetti che avevamo insieme ci è sembrato sin troppo chiaro che dovevamo concentrarci su questo”. “Pedro Lemebel è stato un grande oppositore di Pinochet e lo è stato dall’interno. Ha scelto di restare in Cile, non è andato via e ha poi subito sulla propria pelle lo scotto sia delle sue convinzioni politiche sia dell’incompatibilità con i valori del regime, del suo orientamento sessuale e delle sue scelte di orgoglio legittimo, giusto, sacrosanto”.

Una storia personale, quella scritta da Lemebel, che è anche se non soprattutto una storia d’amore, “una storia d’amore molto bella tra un travestito e un giovane ragazzo che agisce tra le fila di un piccolo esercito rivoluzionario e che sta preparando un attentato contro Pinochet”, ha proseguito Guanciale. “Attentato che effettivamente c’è stato nel 1986, l’anno in cui per l’appunto è ambientato il libro. Un rapporto tra due persone, due cuori così diversi tra cui nasce un’intesa, un amore, uno scambio che porta l’uno a fare dei passi di educazione sentimentale enormi per la propria vita, parlo del giovane rivoluzionario, e l’altro, ovvero il travestito, a conquistare una dimensione di politico da integrare a quella esistenziale erotica di cui era già testimone”.

Per entrare nel personaggio della Fata Guanciale ha studiato, fatto ricerca e nuove felici scoperte.

“Mi sono documentato molto su un mondo che mi sono accorto di conoscere, come forse quasi tutti, fin troppo poco. Ho scoperto per esempio l’esistenza di un libro fotografico che per me è una specie di Bibbia in questo momento, I travestiti di Lisetta Carmi. Un libro fotografico che in realtà ora è tra i più celebri al mondo perché questa artista, questa fotografa coraggiosissima, ha vissuto negli anni ’60 e ’70 a stretto contatto con la comunità dei travestiti della città vecchia a Genova e ha guadagnato a tal punto la loro fiducia da poterli ritrarre in vari momenti della loro giornata. Ne è nato un libro fotografico magico, in cui tu hai la testimonianza di tutta l’allegria, la gioia, il dolore, la fragilità, le ferite, la violenza e l’esplosione di vitalità, il coraggio di queste persone. Nessuno di noi conosce abbastanza questo mondo, specie quando qualcuno prende in giro o tenta di dare un nome all’orientamento sessuale etichettandolo. Per alcuni il proliferare di nuove lettere in questo acronimo LGBTQI+, è una presa in giro, io invece credo che sia la testimonianza di quanto finalmente un giusto interesse si sia acceso, si stia accendendo e si debba espandere ulteriormente nei vari strati della nostra società per quello che è un tema fondamentale, cioè il desiderio. Che cos’è nel corpo di ognuno e ognuno quanto diritto ha di poter esprimere il rapporto di consonanza o di dissonanza con la propria fisicità. Grazie allo studio con questo spettacolo ho scoperto quanto fossi ignorante e quanto fossi, pur pensando di essere un gran progressista molto aperto di vedute, quanto invece fossi rimasto indietro”.

Ho Paura Torero rimarrà in scena al Piccolo di Milano dall’11 gennaio all’11 febbraio.

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