Resistenza, malattia e vita: abbiamo intervistato Ivonne Capece, a teatro con Thinking Blind

Il 20 e il 21 aprile a Milano, Teatro Fontana, Ivonne Capece porterà in scena «Thinking Blind», una performance ispirata ai capolavori del regista Derek Jarman.

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Resistenza, malattia e vita: abbiamo intervistato Ivonne Capece, a teatro con Thinking Blind - Matteo B Bianchi 2 - Gay.it
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Sabato 20 e domenica 21 aprile, al Teatro Fontana di Milano, andrà in scena Thinking Blind, la performance – finalista alla Biennale 2021 – di Ivonne Capece, che trae diretta ispirazione da Blue, il capolavoro del regista britannico Derek Jarman, che attraverso il film in questione, un vero e proprio testamento artistico, consegna ai posteri la sua idea di mondo.
Per l’occasione abbiamo intervistato Ivonne Capece.
Resistenza, malattia e vita: abbiamo intervistato Ivonne Capece, a teatro con Thinking Blind - Matteo B Bianchi1 1 - Gay.it
Come sei arrivata a Derek Jarman? Cosa c’è nel suo Blue che merita di essere raccontato, ripreso, ancora oggi?
Io e Micol Vighi ci siamo avvicinate a Blue di Jarman in un periodo molto complesso della nostra vita, coincidente con la fase di chiusura pandemica e con una generale angoscia nel futuro. La performance omaggia il thinking blind di Jarman, cioè il pensare da ciechi, senza organi, abbandonare l’orizzonte animale/umano per riscoprire la verità fluida del mondo, cioè un rapporto più autentico con la vita. Jarman associa al blu le ultime fasi della sua malattia: l’HIV gli aveva intaccato la retina, rendendolo gradualmente cieco, e trasformando in un monocromo tutti i colori del mondo. Per questo, realizza un film tutto blu in cui è possibile solo ascoltare. Nello stesso periodo, intanto, si rifugia in un cottage a Dungeness – che è un sito nucleare – e lì realizza davanti un piccolo capolavoro di botanica: un giardino di piante infestanti. La sua straordinaria esperienza personale e artistica è diventata per noi un modello di resistenza attraverso la bellezza alla violenza della malattia, della discriminazione, del dolore e della morte.
 
Ubriachezza, erotismo, depressione, infinito: il blu è simbolo di tante cose, metafore di mondi, precipitato di stati d’animo. Cosa rappresenta qui?
La spiritualità, il mare. Ma anche la capacità di capire attraverso l’esperienza del dolore. Il blu ci ricorda che siamo come pesci nel mare, immersi nella verità fluida del mondo: tutto ciò che è fuori di noi, prima o poi, entra in noi. Se ciò che ci circonda è inquinato – e intendo non solo un’ inquinazione fisica, ma più profondamente una contaminazione emotiva o culturale – noi stessi ci contamineremo. Per Jarman è anche il colore del cinema porno e quello di una grigila elettrica anti-insetti, capace di incenerire i nemici.
Anche Giulio Santolini, il performer che hai scelto, sale sul palco macchiato di lividi blu.
Sì, sono le stigmate dell’AIDS, ma anche l’inizio di una contaminazione emotivamente positiva. La metafora di una nuova coscienza che emerge.
Resistenza, malattia e vita: abbiamo intervistato Ivonne Capece, a teatro con Thinking Blind - Matteo B Bianchi1 1 - Gay.it
Una coscienza relativa a cosa?
Alla distruttibilità del corpo. Siamo distruttibili: saperlo può aprire i nostri occhi alla verità.
In che modo la lotta per i diritti civili e il discorso intorno alle soggettività omosessuali si innestano su questo testo?
Thinking Blind è uno spettacolo che parla del rapporto tra l’essere umano e la possibilità della morte. Ma è anche uno squarcio molto potente sull’esperienza storica dell’HIV. Voglio raccontare lo shock di una generazione intera falciata dal virus, nell’indifferenza più totale o nella denigrazione sociale. È anche una provocazione, la mia.
Cioè?
La performance pone l’accento su epidemie lecite e illecite, sulla differenza percettiva che c’è tra malattia e malattia. Alcune sono considerate come piaghe che si abbattono sugli innocenti. Altre, invece, sono viste come la punizione scagliata contro chi ha comportamenti ritenuti colpevoli. La strage da HIV è stata un vero e proprio massacro; ancora non ha trovato un adeguato riconoscimento nella coscienza collettiva.
A proposito di malattia, in On being Ill Virginia Woolf ragionava su come fosse possibile mettere in scena qualcosa di invisibile come la malattia? Sì può? Come?
Derek Jarman nel film Blue sceglie di annullare la visione e di lasciare che sia l’immersione sonora a restituire la sensazione di un viaggio nella mente e nell’emotività del corpo che si ammala. Con Thinking Blind proseguiamo sulla stessa linea: lo spettacolo ha un piano visivo molto ricco ma la malattia è un segno emotivo, sonoro, intangibile fisicamente ed evocato solo attraverso simboli indiretti, attraverso la drammaturgia dell’opera.
 
Il film di Jarman e così anche la tua performance raccontano come si possa resistere e costruire, anche di fronte alla distruzione più totale. Ci credi davvero?
Si, ci credo. Il dato biografico relativo a Jarman è una delle narrazioni più profonde sull’elaborazione del dolore che mi sia mai capitato di incrociare. Jarman si ritira in un cottage ai piedi di un’area periferica, a contatto con il mare e di fronte a una centrale nucleare. Lì si dedica alla coltura di un giardino: raccoglie le piante infestanti della zona, poi le mischia ai residui di ferro prodotti dalla centrale. Il risultato è un giardino di straordinaria bellezza: la vita trova sempre la vita.
Resistenza, malattia e vita: abbiamo intervistato Ivonne Capece, a teatro con Thinking Blind - Matteo B Bianchi2 1 - Gay.it
Nel film Tilda Swinton dice: Fight the fear of the beginning, the middle, the end! Combattiamo la paura dell’inizio, del mezzo e della fine. La paura totale, insomma. Come si sconfigge?
Come potrei risponderti a questa domanda?
Lo so, è difficile. Si può sconfiggere secondo te la paura?
Combattere non è sconfiggere: combattere implica una tensione con la prospettiva e la speranza di una vittoria. È dentro questa tensione che si realizza il miglioramento, anche se la vittoria non si raggiunge mai. Il nostro spettacolo offre una risposta che è ideale, e probabilmente irrealizzabile fino in fondo nel cuore di ciascuno di noi: il nostro Giulio Santolini abbandona a mano a mano l’ordine di intelligenza animale per avvicinarsi a quello della vita vegetale, all’adesione totale al flusso del mondo, sul finale è come se si trasformasse in una pianta, riuscendo a concepire gradualmente sé stesso come parte di un tutto che lo trascende, e dunque a percepire la propria fine come parte di una vita più grande in cui è immerso. È un approccio al quale sono molto più vicine di noi alcune filosofie e spiritualità orientali. Sconfiggere la paura che genera l’iniziare, il durare e il finire della vita significa non percepirsi più in quanto esseri umani, ma questo forse non sarà mai possibile del tutto. Attraversare la vita senza paura che finisca o che cambi: questo è il grande messaggio contenuto in Blue di Derek Jarman.
Cosa dobbiamo aspettarci dal tuo Thinking Blind?
Una performance in cuffie wireless con immersione sonora molto coinvolgente, realizzata dal sound designer Simone Arganini, che si accompagna a un testo elaborato a partire dal saggio di Derek Jarman, Chroma, insieme al poeta Walter Valeri. Ogni capitolo della vicenda è raccontato attraverso un colore (esattamente come in Chroma) che viene associato a momenti diversi della vita, della storia umana ma anche a emozioni interiori molto precise. In scena io stessa di schiena offro la mia voce alle splendide parole di Jarman, mentre Giulio Santolini è il suo corpo: il nostro giovane Adamo che si contamina e perde il paradiso terrestre, per poi ritrovarlo ai piedi di una centrale nucleare.

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