Quand’è che l’amore si è trasformato in un dibattito elettorale? Da quando trattiamo le scelte individuali come se dovessero rispondere a una fazione politica? Chi ha deciso che il poliamore è moderno e la monogamia conservatrice? Non bastava la discriminazione in base ai corpi. Ora ci si mette la pressione di conformarsi anche a livello relazionale. Sembra che chi su una app non cerchi sesso immediato, venga additato come “puritano”. Chi privilegia una relazione esclusiva è facile che venga considerato “della Disney”. Chi è interessato a una conoscenza seria a quanto pare è un “ingenuo”; tanto poi sbatterà la testa da solo quando si renderà conto che “i gay sono tutti (inserisci aggettivo negativo e stereotipato qui)”. In che momento siamo passati da discriminati a discriminatori, da oppressi a oppressori?
Per tentare di spiegare il complesso mondo delle relazioni, ho bisogno di iniziare con una frase a effetto, che sicuramente farà storcere il naso a molti e forse scatenerà la polemica, sebbene non sia questa l’intenzione del mio articolo. Il poliamore è una moda. Attenzione però, ci tengo a precisare che anche la monogamia lo è, o meglio lo è stata. Di fatto, i legami sentimentali nascono, crescono e si modificano con la società.
La monogamia e la poligamia sono, pertanto, due facce della stessa medaglia. Entrambe non dipendono dalla biologia, bensì sono figlie del loro specifico contesto storico-culturale. Usiamo tanto, troppo forse, l’aggettivo “naturale” per riferirci a una relazione aperta, appellandoci a comparazioni con il mondo animale. Tuttavia, non solo nel regno animale esistono sia l’una che l’altra, ma ci dimentichiamo che i legami che creano gli animali hanno come unico fine la perpetuazione della specie o il “piacere” fine a sé stesso. L’amore, invece, è ben diverso dal mero accoppiamento. È un sentimento maturo e razionale, che nasce dalla parte più sofisticata ed evoluta del nostro cervello, quello cognitivo. Tale sovrastruttura è posseduta unicamente dall’essere umano. Ne consegue che le relazioni interpersonali non hanno nulla a che fare con l’innatismo genetico e istintuale, bensì sono frutto della relazione attiva e consapevole tra individuo e ambiente.
Sembra, tuttavia, che le relazioni sentimentali siano entrate in un discorso ideologico divisivo e polarizzato, come se si dovesse scegliere un vincitore a tutti i costi. Quando si trattano temi complessi come quello dell’amore, è quindi molto facile che si scivoli nel fenomeno che io chiamo ironicamente “la maledizione del pendolo”. Invece di cercare un punto medio, dal momento che nell’equilibrio aristotelico vi è la virtù, siamo soliti passare da un estremo all’altro dello spettro sociale. Al giorno d’oggi, infatti, l’amore monogamico è visto come un modello che va non solo messo in discussione, ma addirittura rifiutato a priori anche se funziona per la coppia in questione.
Dopotutto, nel panorama capitalistico attuale, perché scegliere di fermarsi se si è di fronte a un ventaglio di opzioni infinite? “Il mare è pieno di pesci” per cui preferiamo calare una rete che possa fagocitare più esemplari possibili, piuttosto che fare una selezione. Abbiamo cominciato a conoscere una persona con la quale ci troviamo bene? Male, non limitiamoci, continuiamo a cacciare. Ci sentiamo comodi in una relazione? Male, non bisogna accontentarsi, possiamo meritare di più. Sembra quindi che ciò che il partner è e fa per noi non è mai abbastanza. Dobbiamo avere di più, volere di più, cercare di più. Questo senso di fame costante per nuovi stimoli si traduce in frustrazione, insoddisfazione e solitudine.
Confondiamo l’atto di accontentarci con l’atto di essere grati e in pace con ciò che abbiamo. Scambiamo il pudore per la repressione. Uniamo il concetto di esclusività a quello di discriminazione. Eppure, per definizione, scegliere vuol dire rinunciare. E la vera ricchezza nella vita non è aggiungere, bensì togliere. Tuttavia, essendo il tempo la valuta del nostro mondo “usa e getta”, non possiamo permetterci di perderne nemmeno una briciola. Fermarsi e investire il proprio tempo in una sola persona implicherebbe limitarsi e rinunciare all’opportunità di conoscere persone più attraenti, più simpatiche, più interessanti, più più più… L’aggettivo “inclusivo” diventa perciò sinonimo di “abbondanza compulsiva” che bisogna soddisfare in nome della famosa libertà individuale.
Come afferma la Dottoressa Sara Doni, psicologa e psicoterapeuta, viviamo in un’epoca in cui ci sentiamo autorizzati a perseguire unicamente i nostri desideri, perché questa è la cultura dell’ego, la cultura del “mi merito di essere felice”. Se dunque prima ci si lasciava perché eravamo infelici, oggi ci si lascia perché potremmo essere più felici. E se prima la fine di una relazione portava grande vergogna, oggi scegliere di restare quando possiamo andarcene è la nuova vergogna.
Facciamo chiarezza una volta per tutte. Non esiste un unico tipo di relazione. Se tra due persone vigono il consenso, il rispetto e la trasparenza, tutto è legittimo. Dopotutto, non è la qualifica di una coppia a rendere il legame automaticamente sano e duraturo. Ad ogni modo, ricordiamoci che quando parliamo d’amore ci riferiamo a quello che è uno tra i valori umani più intimi e soggettivi.
Di conseguenza, smettiamo di trattare il tema come se fosse un dibattito politico, in cui ci si scontra tra “antico” e “moderno”, tra “giusto” e “sbagliato”. Non dobbiamo cercare di far cambiare idea a nessuno, mettendo in luce un ipotetico anacronismo delle sue scelte. Fare questo significa entrare in un discorso manipolativo, direttivo e paternalistico, dove crediamo di sapere cosa è meglio per un’altra persona. Nessuno può saperlo. Ognuno è autonomamente in grado di compiere le proprie scelte in base ai propri valori. E i valori individuali non possono essere giudicati né criticati, in quanto puramente personali, leciti e non negoziabili. Le relazioni seguono le mode del tempo, ma l’amore non può essere contenuto in una scheda elettorale.
Fonte: https://www.terapiabrevestrategica-mi.it/tradimento-trasgressione-fedelta/
Foto: © Gwen Weuspstink, Unsplash
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