E’ terminata intorno alle 11:30 l’udienza presso la Corte costituzionale sul procedimento nel quale tre coppie omosessuali (Galliano Mariani e Sergio Gallozzi al Comune di Venezia, Enrico Oliari e Lorenzo Longhi, Emanuela Zambotti e Michela Ossanna) contestano la impossibilità di sposarsi come illegittima e in contrasto con la Carta fondamentale. Ma solo alle 17 i giudici si riuniranno in camera di consiglio per decidere quale sentenza emettere.
Durante l’udienza pubblica, alla quale erano presenti le tre coppie coinvolte oltre alle associazioni Certi Diritti e Rete Lenford, gli avvocati hanno sostenuto la tesi della piena costituzionalità dei matrimoni gay secondo gli articoli 2, 3, 29 e 117 della Costituzione. Sarebbero invece discrimininatori gli articoli del codice civile 93, 96, 97, 108, 143 e 146/bis, che non consentono oggi il matrimonio tra persone dello stesso sesso.
La questione trans – Un’altra delle tesi sostenute dagli avvocati che hanno assistito le coppie gay è stata quella del matrimonio trans: è singolare che i trans possano sposarsi dopo un’operazione chirurgica, mentre i gay no. Ma l’osservazione sollevata è stata rifiutata dall’avvocato dello Stato secondo il quale proprio l’avvenuta transizione da un genere a un altro dimostra quanto sia necessaria una distinzione tra generi come requisito minimo per accedere al matrimonio.
Le tesi dei costituzionalisti – Dopo che la corte ha anche dichiarato inammissibili le richieste di intervento dell’associazione radicale Certi Diritti, sono iniziati gli interventi dei costituzionalisti di Rete Lenford che hanno seguito le coppie nell’iter giudiziario. In particolare i legali hanno chiesto ai giudici di prendere una «decisione coraggiosa» per mettere fine a una «discriminazione ingiustificata» che «brucia» a chi si trova davanti la via sbarrata se chiede di potersi sposare con una persona del suo stesso sesso.
Il professore Vittorio Angiolini ha chiesto ai giudici di non rinviare la questione al parlamento, ma anzi di anticipare la decisione politica: «È discutibile che debba essere solo il legislatore a rilevare l’evoluzione sociale della famiglia, intesa come società naturale fondata sul matrimonio – è stata la tesi del professore Angiolini – perché se può essere solo il legislatore, allora non avrebbe più significato parlare di società naturale. Queste persone non hanno bisogno delle nozze per stare insieme, ma vogliono un simbolo, un legame sociale che li faccia esistere come coppia. Il matrimonio è basato sul consenso, sulla volontà, e dunque sulla libertà. Sia dunque la Corte Costituzionale a prendere contezza che la società è cambiata».
Anche per il professore Vincenzo Zeno Zencovich, «non è il Parlamento ma la Corte Costituzionale a essere chiamata a riconoscere certi diritti. La Consulta spesso anticipa tali riconoscimenti ancor prima dell’intervento del legislatore – ha ricordato ai giudici costituzionali – come in passato è ad esempio avvenuto per la riforma del diritto di famiglia».
Per la professoressa Marilisa D’Amico, «la libertà di matrimonio, senza discriminazioni di sesso, è un principio non scritto ma già presente nella nostra società. Il genere è irrilevante rispetto alla disciplina della scelta di relazione: rifiutare il matrimonio di coppie dello stesso sesso vuol dire negare la libertà di orientamento sessuale e soltanto la Corte Costituzionale può rimuovere questa irragionevole discriminazione».
Ha osservato a tal proposito il professore Massimo Clara: «La natura si evolve, così come si evolvono i costumi. Oggi il matrimonio non è più finalizzato alla procreazione, in quanto ci sono matrimoni senza figli e figli nati fuori dal matrimonio. Oggi il matrimonio si basa sul consenso delle due parti, che si richiama a sua volta al concetto di libertà individuale».
^L’avvocato dello Stato – A rappresentare le ragioni dello Stato, contro le posizioni delle coppie gay, c’era l’avvocato Gabriella Palmieri secondo il quale «Il Parlamento è l’unica istituzione che può intervenire legiferando in tema di matrimonio». «Non si può immaginare una lettura evolutiva della norma costituzionale, per la quale la famiglia rappresenta la società naturale formata dal matrimonio fra un uomo e una donna: non si tratta di una norma "in bianco" – ha osservato l’avvocato Palmieri – né si può immaginare l’illegittimità di tale norma che sarebbe superata per sopravvenuto mutamento sociale. La diversità di sesso – ha sottolineato – resta un elemento necessario dell’esistenza stessa del matrimonio fra due individui». Inoltre, l’avvocato dello Stato ha ricordato che «nessuna normativa europea obbliga ad ammettere il matrimonio fra persone dello stesso sesso, il cosiddetto "same sex marriage". L’Unione Europea né vieta né impone una scelta ma fa richiamo alla sfera del legislatore nazionale e al pluralismo culturale dei singoli Stati, prevedendo una pluralità di modelli che rifletta una pluralità di scelte per le quali – ha ribadito l’avvocato Palmieri – la competenza resta del legislatore, ovvero del Parlamento chiamato ad approvare la legge».
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