Romania, il premier Ciolacu chiude alle unioni civili: “La nostra società non è pronta”

Ad oggi la Romania è uno degli ultimi 5 Paesi UE a non avere alcuna legge sulle unioni civili o sulle coppie di fatto assieme a Polonia, Bulgaria, Lituania e Slovacchia. E la Corte europea dei diritti dell’uomo l'ha già intimata a legiferare.

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Solo pochi mesi fa la Corte europea ha condannato la Romania, chiamata a riconoscere le coppie dello stesso sesso con le unioni civili perché sta continuando a violare il diritto al rispetto della vita privata e familiare, ma il primo ministro socialdemocratico Marcel Ciolacu non vuole sentirne parlare.

Intervistato da Europa FM, Ciolacu è stato netto:

“La società rumena non è pronta per una decisione tale in questo momento. Non è una delle mie priorità e… non credo che la Romania sia pronta”. “Non sono una persona dalla mentalità chiusa, io… ho amici gay, non ho problemi con questo, sto parlando ora dal punto di vista di un primo ministro”.

Ciolacu non ha paura delle minacce UE, tanto da dirsi convintoc che non sarà certamente l’ultima volta che il suo Paese non rispetterà le sentenze della CEDU. Sebbene la Romania abbia depenalizzato l’omosessualità nel 2001, non ha ancora mai legiferato tanto sulle unioni civili quanto sul matrimonio egualitario.

La Romania si è classificata al 41° posto su 49 Paesi nella Rainbow Map di ILGA-World. Un sondaggio del 2021 condotto da Accept Association aveva mostrato come il 43% dei rumeni sia favorevole alla protezione legale per le relazioni tra persone dello stesso sesso. Il 71% ha confessato che un’eventuale legge sulle unioni civili non avrebbe alcun impatto sulle loro vite.

Lo scorso anno 21 coppie dello stesso sesso hanno trascinato la Romania alla Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU), sostenendo che la mancanza di riconoscimento legale delle loro relazioni “li ha privati della loro dignità di coniugi”.

In una sentenza a dir poco attesa, lo scorso maggio la Corte europea dei diritti dell’uomo ha stabilito che il Paese ha violato l’articolo 8 della Convenzione europea, che tutela il diritto al rispetto della vita familiare, non dando alle coppie LGBTQ+ alcun mezzo per salvaguardare legalmente le loro relazioni. Le coppie rumene hanno citato gli enormi svantaggi legati alle attuali leggi nazionali, come il congedo per lutto coniugale, l’assicurazione sanitaria congiunta o la possibilità di accedere a mutui agevolati.

La CEDU ha stabilito che il riconoscimento delle unioni civili tra persone dello stesso sesso non danneggerebbe in alcun modo l’istituzione del matrimonio, “poiché le coppie eterosessuali possono ancora sposarsi”. La sentenza diventerà giuridicamente vincolante dopo un periodo di tre mesi in cui entrambe le parti avranno il diritto di appellarsi a un tribunale superiore. In caso contrario, la sentenza rimarrà valida e porterà la Romania a dover legalizzare il prima possibile le unioni civili.

I tre mesi sono ampiamente passati, ma il premier Marcel Ciolacu non ha cambiato posizione. Lo scorso anno il governo rumeno ha presentato un cosiddetto disegno di legge contro la “propaganda” LGBTQ+, che vieta l’uso di materiali nelle scuole che “promuovono” l’essere queer.

Ad oggi la Romania è uno degli ultimi 5 Paesi appartenenti all’Unione Europea a non avere alcuna legge sulle unioni civili o sulle coppie di fatto assieme a Polonia, Bulgaria, Lituania e Slovacchia.

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