Ultimamente è salito all’onore delle cronache per aver affermato che «vedere Avatar in 3D equivale a sperimentare l’architettura del futuro, oltre l’edificio». Ma forse non tutti sanno che il cinquantunenne americano Aaron Betsky, uno dei più stimati architetti del mondo, eminente critico di design, associato di Frank Gehry per due anni a Los Angeles – costui lo definì “una mente indagatrice che non ha paura di mostrare il suo gusto” – a capo di importanti musei internazionali (Cincinnati, Rotterdam, San Francisco), direttore nel 2008 dell’11esima Mostra Internazionale di Architettura a Venezia, ha fornito un contributo essenziale alla cosiddetta Queer Theory fondata da Michel Foucault.
Molto apprezzato per il suo approccio postmoderno al design architettonico, fortemente critico nei confronti del concetto tradizionale di edificio («è la tomba dell’architettura»), Betsky scrisse nel 1997 un testo omocult che andrebbe riscoperto: Queer Space: Architecture and Same-Sex Desire. L’autore analizza gli spazi fisici in cui vivono i gay, e come bisogna renderli liberi per evitare di rimanere ingabbiati nelle tenaglie imprigionanti della città moderna. Infatti, secondo Betsky, lo spazio queer è sempre connesso al concetto claustrofobico di closet ("l’armadio" da cui si esce facendo coming out) e a un continuo confronto, spesso doloroso, con lo specchio, il gesto e la scena intesa in senso teatrale del mitoI, riguardo al quale “non si sa mai se le storie leggendarie sono vere oppure no”.
Per andare oltre queste categorie immobilizzanti, Betsky sostiene che si rischia di farne un abuso in quanto si arriva a una deformazione dello spazio stesso: è quindi necessario riappropriarsi dei codici urbani per riscoprire uno spazio sensuale frapposto tra corpo e tecnologia, frutto di una profonda elaborazione. Si arriva inoltre alla conclusione che la finalità del Queer Space è sempre connessa al sesso. Nel significativo saggio vengono anche proposti esempi di queer spaces storici quali la Kanigara Men’s House in Nuova Guinea e il giaciglio dell’architetto Frank Israel in una casa moderna losangelina il cui design è firmato da Goldberg e Bean.
Aaron si è sposato cinque anni fa nel municipio di Rotterdam col fidanzato storico Peter Haberkorn – si erano conosciuti sedici anni prima in una casa progettata dal celebre architetto austriaco Rudolph Michael Schindler – e vive con lui a Cincinnati in una spettacolare abitazione del 1956 costruita in legno, mattoni e vetro, rimodernata a dovere dall’architetto. Inutile aggiungere che Betsky, i migliori queer spaces, se li può (giustamente) permettere!
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