Rita Ora è salita sul palco del Fabrique di Milano per l’unica data italiana del suo Phoenix World Tour 2019. Prima dell’esibizione della popstar britannica di origine kosovara, a scaldare palco e pubblico ci ha pensato Moss Kena, talento emergente del soul-funk d’oltre Manica già notato anche da Kendrick Lamar.
Qualche minuto d’attesa e poi arriva lei, Rita Ora, acclamata per nome dai presenti, under twenty e poco più che ventenni in maggioranza. Il live inizia con le note di “For You”, featuring Liam Payne e colonna sonora di “Cinquanta sfumature di rosso”. Uno dei ben sei singoli che hanno anticipato l’uscita del suo secondo, travagliato, album in studio Phoenix. La metafora della Fenice descrive bene lo stato d’animo di Rita in questo disco che, seppur perfettamente confezionato, arriva dopo sei anni di diatribe legali con la sua ex-etichetta Roc Nation – Columbia che le impediva di pubblicare un lavoro ormai pronto. La carriera cinematografica con “Fast & Furious” e la saga “50 sfumature” e quella televisiva come giudice dei talent The Voice e X Factor UK nel frattempo hanno riempito il gap discografico dal suo debutto del 2012, ma è sul palcoscenico che Rita trova la ragione del suo essere pop star dentro, e si vede. Il look iniziale prevede una gonna a tubino nera con laccio in vita e profondo spacco laterale per scoprire le gambe, un body a manica lunga effetto sparkling, stivaletto di vernice nera e balayage biondo (curato dalla sua Colour Specialist Jade Rae Williams). Tocca a “Your Song” e subito dopo a “Doing It”, durante la quale Rita si cimenta in una facile coreografia con le due vocalist. Poi tocca a“Only Want You”, un pezzo a cui la cantate ha dichiarato di essere molto affezionata, e “New Look”. Non è ancora arrivato il primo break che dalla platea si alza il coro “sei bellissima” di Loredana Bertè al quale la cantate risponde esaltata “Even if I don’t speak a good italian, you’re beautiful too guys”. Quando parte “Girls” (in collaborazione con Cardi B, Bebe Rexha e Charli XCX) Rita Ora indossa a sorpresa una bandiera rainbow sulle spalle, a conferma di quanto aveva già dichiarato, descrivendo il brando come “un inno di emancipazione”.
Ma la cosa che più sorprende, almeno il sottoscritto, è notare quanto davvero il pubblico sia votato al culto della sua stella pop. Tutti conoscono alla lettera le strofe dei pezzi, le singole parole, le inflessioni vocali persino. E i cellulari sono avidamente protesi verso il palco per non perdere neppure un ancheggiamento sexy. È qui che mi rendo conto di una cosa, Rita Ora è un’icona al pari di molte altre sue colleghe. Un’esponente del pop mainstream tanto quanto Dua Lipa, ad esempio, britannica con origini balcaniche come lei tra l’altro. Vocalmente preparata come Rihanna e Beyoncé (anche se non riesce a equivalerne il carisma) e artisticamente forte grazie a svariate collaborazioni con nomi illustri del music biz internazionale, il compianto Avicii su tutti. E tutti i ragazzi che mi circondano lo sanno, o almeno ci credono.
Parte il secondo coro tutto italiano: “ti amo, ti amo, ti amo” di Umberto Tozzi in loop. Non si fa attendere la risposta di Rita che replica, visibilmente sorpresa da tanto entusiasmo, con un sui generis “ti amo, ti amo, ti amo” a ruota. Tocca ai pezzi più infiammabili: “R.I.P.”, “Black Widow”, “Hot Right Now”. Il cambio d’abito nel frattempo non è passato inosservato. Rita adesso indossa una tuta aderente di paillettes, con cromie arcobaleno che richiamano ancora una volta i colori della bandiera rainbow della comunità LGBTI+. Lo spettacolo si chiude sulle note di “Anywhere” che, nonostante l’ormai consueta acustica ingenerosa del Fabrique, mette il punto esclamativo ad uno show breve (soltanto 1 ora e 5 minuti) ma intenso.
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