Statisticamente sono gli uomini gay i più desiderosi di accedere alle unioni civili. I rapporti tra generi però cambiano nel tempo.
I gay ricorrono alle unioni civili più delle lesbiche. Il fenomeno visibile anche in Italia, è presente in tutti i Paesi in cui sono state introdotte leggi che riconoscano pubblicamente le coppie dello stesso sesso. A dirlo è il sociologo Marzio Barbagli, su La Voce.
In Italia, come riporta Barbagli, i due terzi delle unioni civili celebrate nel 2016 sono state tra due uomini. Secondo il professore emerito dell’Università di Bologna, sono almeno due i fattori che spiegano questa distonia all’interno delle coppie omosessuali: le differenze tra uomini e donne nell’identificazione dell’orientamento sessuale e i diritti effettivamente riconosciuti nelle diverse legislazioni nazionali.
Per quanto riguarda il primo elemento, Barbagli cita le ricerche internazionali che hanno sondato il rapporto tra sentimenti e comportamenti omosessuali e identità sessuale. Solo una parte di coloro che nella vita hanno comportamenti e/o sentimenti di attrazione verso lo stesso sesso arriva a definirsi omosessuale o bisessuale. In questo ambito è maggiore il numero di uomini che si definisce gay rispetto alle donne che si definiscono lesbiche.
Il secondo elemento presenta invece un’evoluzione interessante del cosiddetto “gender gap” nelle unioni civili: i rapporti tra i due generi infatti tendono a equilibrarsi o addirittura ad essere ribaltati quando il legislatore aumenta i diritti riconosciuti alle coppie omosessuali, in particolare quando è tutelata la genitorialità.
Anche nei Paesi pionieri dei diritti LGBT, ovvero Danimarca, Norvegia, Svezia, Olanda e Belgio, vi era infatti lo stesso squilibrio tra i generi ai tempi dell’introduzione delle prime forme di tutela delle coppie omosessuali.
Oggi invece in Svezia le coppie lesbiche costituiscono il 62% delle coppie omosessuali sposate, in Finlandia il 66% e anche nei Paesi di introduzione più tardiva come Francia e Regno Unito il balzo è stato evidente: rispettivamente al 45% e al 51%.
Ci sarebbero poi altri due possibili elementi da considerare: la percezione sociale e la visibilità dell’omosessualità maschile. Per un riflesso della cultura machista, i gesti d’affetto tra due donne o la loro convivenza sono ancora oggi meno soggetti a reazioni di censura sociale o di sospetto rispetto a quanto avviene per due uomini. Specularmente è l’omosessualità maschile ad aver avuto la fetta più grossa di visibilità nel movimento LGBTI negli ultimi anni ed è verso di essa che è stata veicolata la rappresentazione dell’unione civile come strumento di “normalizzazione” dei rapporti gay. E tutto questo inevitabilmente può influenzare la scelta di unirsi civilmente.
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