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70 anni e non sentirli. A un anno dall’uscita in sala del meraviglioso Dolor y Gloria, Pedro Almodovar è arrivato al Lido di Venezia per presentare fuori concorso il corto The Human Voice con Tilda Swinton, liberamente tratto da Jean Cocteau. Il primo progetto in lingua inglese per il leggendario regista spagnolo, due volte premio Oscar, che ha girato il tutto a tempo di record subito dopo il lockdown da Covid-19.
Jean Cocteau m’ispirò già ne La legge del desiderio, in una scena con Carmen Maura. Poi l’idea è tornata in Donne sull’orlo di una crisi di nervi, si trattava di riprendere un po’ questi concetti. È l’attesa di una telefonata delirante, qualcosa di molto interessante: una donna sola, un cane abbandonato. L’abbandono mi è sempre interessato. Penso che dopo questa, sarà l’ultima volta con Cocteau. Il lockdown ci ha costretti a casa e diverse cose sono state dimostrate: ad esempio quanto la gente dipenda dalla fiction, e dalla cultura, quanto abbiano riempito dal nostro tempo. Le piattaforme hanno svolto un ruolo fondamentale ma avverto un altro risultato, in negativo, cioè abbiamo percepito la casa come reclusione, seppur in modo sedentario si possa far tutto. Non mi piace che la reclusione continui nel tempo e il cinema è l’opposto: andare al cinema è un’avventura che comincia dal vestirsi, poi uscire, essere in strada e condividere infine un luogo con degli sconosciuti, un’esperienza catartica umana fondamentale. Da regista e spettatore, la sala, con il respiro della gente, mi dà delle sensazioni. Subito dopo il lockdown ho fatto questo film e il mese prossimo ne comincio un altro: bisogna fare cinema per far andare al cinema.
Almodovar tornerà infatti ad incrociare Penelope Cruz con Madres paralelas, ma nel frattempo si è goduto l’incontro con la divina Tilda Swinton, Leone alla Carriera di Venezia 77 che ha così commentato l’incontro con il regista: “Il mio rapporto con il cinema di Almodóvar è iniziato con Donne sull’orlo di una crisi di nervi. È stato il momento in cui mi sono innamorata del suo cinema. Ho un amico, in Scozia, monaco benedettino: 12 anni fa gli chiesi di pregare per me perché potessi lavorare con Pedro. Non parlo spagnolo ma il cinema crea complicità e questo è un sogno che si realizza. Una delle illusioni con cui mi confronto di più è la capacità di comunicare, che mi rende devota all’arte e alla vita”.
“Mi piacerebbe che questo idillio con Tilda andasse avanti, ci lavorerò su”, ha commentato Pedro. “Quando scopri che la chimica con un attore è unica, perché ti dà la capacità di andare lontano e moltiplicare il tuo talento”. Nell’attesa il regista ha parlato del suo prossimo futuro, fitto di progetti: “Da Julieta mi sto proiettando in una narrazione più contenuta, con meno elementi ma analizzati in modo più profondo: voglio investigare. Il corto è molto barocco, contiene tutti i colori che a me piacciono, come baracco è il monologo. Ho scritto due sceneggiature che mi piacerebbe fare con lo stesso senso di libertà. Hanno un’aria teatrale, uno è un western particolare, Strana forma di vita s’intitola, ed è come un fado, una sorta di distopia”.
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Fonte: Cinecittànews