Fortunatamente il panorama dell’editoria gay è in ottima forma. Lo ha dimostrato il bel risultato ottenuto da Book Out, la prima fiera del libro a tematica gay, lesbica, transessuale svoltasi a novembre a Pisa. Affollatissimo era lo stand della Edizioni Fabio Croce, che peraltro tradizionalmente dedica una giornata a Roma alle strenne natalizie (l’edizione 2010 si è tenuta all’Alpheus il 12 dicembre). Straordinario anche il lavoro delle edizioni Il dito e la luna dirette da Francesca Polo, ma non vorrei dimenticare neanche il nuovo sforzo messo in campo da Mimesis con la collana di studi giuridici lgbt. C’è poi il coraggio di piccole case come WLM editore o Cicero e di tante altre ancora, talmente tante da non poterle nominare tutte. Tutte offrono un grande contributo alla diffusione della letteratura glbt in Italia, ma i libri di cui parliamo oggi vengono tutti da una casa editrice gay in particolare, la Playground, che offre un catalogo eccezionale e libri curati ed eleganti. Come fare del libro gay un libro di alta qualità.
Sono tre titoli che possono coprire gli interessi di lettori anche molto diversi.
Il primo è Ragazzo di città di Edmund White che si presenta da solo sin dalla prima riga: “Negli anni Settanta, a New York, nessuno si svegliava prima di mezzogiorno”. Dopo My lives, White continua la ricostruzione della sua storia personale che è anche la storia del movimento gay americano. Ma il libro, come è normale che sia per uno scrittore del calibro di Edmund White, è lontano da qualsiasi storiografia di nicchia; Ragazzo di città offre una lettura, in chiave personale e con l’immancabile ironia dell’autore, di eventi che hanno fatto la storia della comunità omosessuale mondiale. Eventi però che vengono presentati – perché quello sono – come i ricordi di un uomo che oggi, a settant’anni, può permettersi di buttare lì aneddoti succosi su Susan Sontag o Robert Mapplethorpe.
Il secondo titolo edito da Playground recentemente è A cosa servono gli amori infelici di Gilberto Severini (146 pagine, 11 euro), autore che avevamo conosciuto con Ragazzo prodigio edito da PeQuod e con Il praticante sempre da Playground; anche con il romanzo recentemente pubblicato, Severini si diverte – il tono della scrittura autorizza l’uso di questo verbo – a disegnare i paesaggi di una vita assolutamente “normale” per svelarne la intima natura trasgressiva o libertaria. Come in Ragazzo prodigio la vita di una tranquilla cittadina di provincia viene sconvolta dall’arrivo di un misterioso personaggio il cui alloggio è una Fiat 500, come in Il praticante il mite Carletto segue pedissequamente il suo destino ordinario trovando lavoro come operaio e quindi sposando la figlia del messo comunale, salvo poi inseguire segretamente le tracce delle esperienze sessuali di gioventù, così in A cosa servono gli amori infelici il protagonista è costretto da una pericolosa operazione chirurgica a fare i conti con il proprio passato, e lo fa scrivendo tre lettere appassionate e rivelatrici a un suo collega d’ufficio, a un sacerdote che lo ha amato e da cui è scappato, a un misterioso personaggio senza nome, una specie di alter ego, vero o inventato, con cui ha creduto di parlare per tutta la vita.
I più giovani apprezzeranno però il terzo titolo offerto da Playground. Si tratta di Quei giorni a Bucarest scritto dal romeno trapiantato in Italia Stefan B. Rusu con l’aiuto di Angelo Bresciani. È una storia d’amore tra le più classiche, un amore contrastato dalla famiglia come dalla società che lotterà per conquistarsi il diritto a esistere. E fin qui, niente di nuovo: la cosa straordinaria del libro è la capacità di raccontare questo amore sullo sfondo della Romania nel passaggio tra la fine del regime comunista di Ceaucescu e l’inizio del processo di occidentalizzazione del paese. Quasi icona di questa trasformazione, c’è nel romanzo il mitico concerto di Michael Jackson a Bucarest del 1992 che segnò una breccia tra cultura di massa occidentale e area sovietica. Ma Rusu è particolarmente bravo a rendere la complessità del carattere dei protagonisti, il bellissimo studente liceale Gabriel e il giovane giornalista Nicu. In entrambi sembra poter leggere accenni all’immagine che noi italiani abbiamo del popolo romeno, soprattutto dei maschi di quel paese. Un’immagine tra sogno e crudezza, tra incapacità di esprimere i propri sentimenti e assoluto bisogno di essere amato, tra irascibilità e passione. Questi aspetti sono quelli che rendono questa “ordinaria” storia d’amore una lettura davvero preziosa, avvincente, commovente ma soprattutto interessante per la capacità che ha di raccontare un popolo, una nazione e una condizione umana con note leggere ed efficaci.
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