E"uscito il sesto album di Pj Harvey. Una raccolta di canzoni ispirate dalla permanenza in diverse città, specialmente New York, e dalla sua vita ermetica sulla costa inglese. E" decisamente l"album più solare dell"artista, tormentata autrice di storie personali e femminili. La critica ha accolto "Stories from the citY, stories from the sea" come il miglior album dal suo debutto nel 1991 con "Dry", debutto che proiettò PJ tra le più sensibili cantautrici e la spinse a lasciare il suo villaggio, la casa abitata da due genitori hippy, la campagna. Lasciato questo angolo di pace, si ritrova ad affrontare una donna violentata dalla femminilità, dalla città, dal sesso, dalle proprie ossessioni. Nascono così i suoi successivi album dove la rabbia lascia piano piano il posto alla fragilità, alla infelicità, al tormento, alla necessità di raccontare storie di donne problematiche, con problemi di maternità, prostituzione, con disordini alimentari in "Is this desire?", sua ultima pubblicazione.
Questa non è una rinascita ma è la consapevolezza della maturità che eccezionalmente fa coincidere quella di donna e quella di musicista, é un album di canzoni mature cantate da una donna che assorbito fisicamente il dolore, cerca ossigeno nelle cose che la circondano senza dimenticare il dramma dell"esperienza quotidiana. L"apertura del disco è affidata ad un pezzo che solo New York potrebbe ispirare, chitarre alla Television e liriche strozzate… speak to me of heroin and speed, of genocide and suicide è il grido sincero di "The whores hustle and the hustlers whore", il singolo "Good fortune" dichiara la voglia di reagire al proprio dolore visto come sfortuna e la necessità di lasciarsi andare al proprio amante interpretato in questo disco da Thom Yorke dei Radiohead presente in tre brani e cantante in "This mess we"re in", amante innamorato sotto le luci dei grattacieli alla Truman Capote… night and day I dream of making love to you… Ritroviamo una PJ vicina a Patti Smith, più sensuale e incaricata del trasporto emotivo dell"ascoltatore che si può perdere in "One line" e "We float" pensando che tutto il passato doloroso non può che lasciare posto alla pace e alle piccole cose, alle sensazioni. Tutte le canzoni parlano di amanti, l"amore è ancora un concetto che si deve definire e quando viene menzionato viene fatto con rabbia e cantato con impeto e furia "This is Love".
Tecnicamente quello di "Stories…" è il suono più puro che PJ abbia tirato fuori, non ci sono esperimenti vocali o musicali e anche le chitarre, suonate da lei, sono più vicine a quelle delle ballate tradizionali americane che a quelle del punk più sporco inglese. I collaboratori sono quelli di sempre, Mick Harvis e Rob Ellis, l"immagine di PJ è sempre più semplice e elegante, non c"è più la donna trascurata dell"inizio o la maschera di trucco di "To bring you my love", così è questa donna adesso, consapevole della sua musica, al passo con i tempi e per la prima volta senza voglia di fuggire e tornare nel Dorset, rifugio felice e oasi creativa che comunque rimane sempre li fino al prossimo attacco, alla prossima emorragia emozionale. "…but one day we"ll float, take life as it comes…"
di Dirty Max
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