SESSO NELLE DARK: CHI LO PROTEGGE?

Preservativi gratis? Non esiste. Almeno a Roma, Milano, Firenze, Bologna, Bergamo e Verona. All'estero invece vengono distribuiti ovunque. Perché?

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"La gente in Italia non si protegge. Anche il fine settimana, la mattina pulendo le dark, raccogliamo solo quattro o cinque preservativi usati". La verità ci fa male, si sa. Eppure è così.

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Marco (il nome lo inventiamo noi, ma la frase l’ha detta lui) lavora per un importante cruising bar italiano. Un posto di quelli in cui, se si vuole, si può anche andare a ballare, ma dove di solito si va soprattutto per trovare un’anima solitaria e libera come l’aria dotata di un corpo abbastanza prestante da poter superare almeno il test di qualità al buio. Insomma un "qualcuno" con cui fare "qualcosa" meglio se sul posto, nella dark room, la stanza buia.

Ma cosa succede in Italia? Perché non capita come in Francia o in Germania e cioè che quando si entra in un locale gay dotato di punti di "scontro fisico" vengono forniti d’ufficio e gratuitamente preservativi e gel? Perché non vi sono distributori gratuiti di profilattici? Perché uno deve mettersi a cercare le macchinette distributrici automatiche che spesso non ci sono, oppure chiedere al barista tale cocktail in lattice e lubrificante a base d’acqua poco convenzionale per un bar? Eppure si sa che molti non lo fanno per una sorta di pudore che dovrebbe essere ‘scavalcato’ da una facile reperibilità dei condom. Non si tratta solo di Aids, ma anche di MST, le malattie sessualmente trasmissibili. I proprietari degli stabilimenti pubblici o dei circoli privati cosa fanno per salvaguardare i propri clienti? E i gay perché non si preoccupano di questa mancanza di attenzione? Oppure, magari, tutti questi frequentatori di cruising bar sono dei santerellini in cerca di aureola che non fanno assolutamente niente sul posto e magari nemmeno a casa?

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Sembra facile eliminare immediatamente l’ultima ipotesi. Su 500 persone che ogni giorno del fine settimana si recano in quel locale gay in cui lavora Marco è difficile credere che solo 5 coppie (e cioè 10 persone) abbiano un rapporto "a rischio" e quindi una penetrazione anale. E a proposito, nessun studioso o scienziato ha mai garantito che non sia pericoloso anche se molto meno, pure il rapporto orale, anche perché le statistiche dimostrano che il contagio tramite questa via è sempre più frequente. Vorrebbe dire che solo l’1, 2 per cento delle persone che frequenta tali centri di scambi di calore trova effettivamente soddisfazione. E cioè che questi cruising bar sarebbero costretti alla chiusura entro pochi giorni per mancanza di clienti, partiti tutti insoddisfatti. Cosa irreale visto al contrario il continuo proliferare di tali luoghi di incontro.

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Negli altri paesi non funziona così. In Inghilterra le darkroom non esistono (almeno in modo ufficiale) e quando alcune serate "sex" sono organizzate dai diversi locali la distribuzione gratuita di preservativi è la regola e l’indifferenza l’eccezione. In Francia, invece, in cui le dark vanno alla grande nell’ultimo periodo, esiste lo Sneg, il sindacato nazionale delle imprese gay, che si occupa dei problemi dei suoi iscritti, si oppone agli eccessi di zelo della polizia o della prefettura e si occupa anche di ordinare ogni anno diversi milioni di preservativi e bustine monodose di gel intimo che, riducendo l’attrito riducono anche il rischio che il preservativo si rompa. Questo sindacato ha fatto battaglie presso il ministero della sanità anche sostenuto dalle associazioni di lotta all’Aids ed ha ottenuto che lo stato finanzi una buona parte della spesa in lattice. E così, sempre, quando entri al Depot di Parigi ti viene proposto preservativo (con tanto di pubblicità stampata sulla bustina) e gel. In Germania, quando entri al Connection, ad esempio, capita grosso modo la stessa cosa.

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In Italia invece non funziona così. Non capita né a Verona, né a Bergamo, né a Roma, né a Firenze, né a Bologna, né a Milano. E queste sono le cinque città del Nord che abbiamo visitato: cosa accadrà nelle altre, cosa succede al Sud? L’indagine è appena iniziata. Ma le prove di questo disinteresse dei proprietari delle imprese gay italiane sono a disposizione di tutti i frequentatori. Che comunque dovrebbero chiedere e pagare i preservativi, nei locali dove almeno a pagamento si trovano.

di Giacomo Leso

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