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Volti e storie dell’Onda Pride: Fabio, 40 anni, leale, poliziotto, gay

Ultimo appuntamento con la campagna #Human Pride, prima dell'appuntamento di domani

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3 min. di lettura

È domani a Reggio Calabria l’appuntamento con l’ultima tappa dell’Onda Pride 2015. La quindicesima piazza conclude la stagione dei pride in un momento particolarmente importante per la comunità lgbt italiana, ovvero mentre in Senato sembra che la legge sulle unioni civili, considerata dalla comunità il minimo accettabile e il primo passo verso il matrimonio egualitario, stia finalmente seguendo l’iter che la porterà all’approvazione, sebbene tra mille difficoltà.
In queste settimane vi abbiamo raccontato le storie dei testimonial della campagna #Human Pride. Ecco, quindi, in attesa della piazza calabrese, l’ultima storia, quella di Fabio “40 anni, leale, passionale, geloso, amante dello sport, poliziotto, gay. ‪#‎human‬”. Buona lettura.

Fabio indossa la divisa da 21 anni, da quando era un “pischello con i capelli”: “fin da ragazzo ho sempre ambito ad essere un poliziotto. Ho fatto un concorso a 19 anni. È stata una cosa sentita”.

Nel frattempo Fabio i capelli li ha persi, ma ha acquistato un sacco di altre cose. Come la tranquillità nel vivere la sua vita senza nascondersi, una libertà non vigilata da nessuna paura. A 28 anni ha fatto il suo coming out in famiglia. Sua madre aveva sempre saputo, mentre suo padre non era così pronto. Suo figlio, il poliziotto, era gay. Ma gli voleva troppo bene per non provare a capire. “Papà mi disse ‘guarda, ho questa difficoltà iniziale dovuta alla cultura che ho avuto in gioventù, però è un problema mio. Tu continua ad essere quello che sei, non nasconderti. Noi siamo fieri, tu sii fiero di te stesso’.”

E fiero, Fabio, lo è stato davvero. Dopo la famiglia, è venuto il coming out con i colleghi, sul posto di lavoro. Si è ritrovato a parlare della sua omosessualità in uno di quegli ambiti in cui ancora si pensa non possa neanche esistere. Il percorso non è stato semplice: “non tutti i miei colleghi hanno apprezzato da subito il mio coming out. Alcuni all’inizio mi guardavano un po’ male”. Ma Fabio sapeva come si difende qualcuno, o qualcosa. Così ha difeso se stesso e la sua libertà di vivere nella verità. Perché Fabio sa che non c’è modo di non dirlo se non perché si decide attivamente di omettere, o di mentire. Il “don’t ask, don’t tell” non è mai stato un’opzione e se pensa ora a chi ne fa un bandiera prova solo rabbia. “Mi fanno rabbia perché ci sono già passato anche io. So che fa parte del percorso, li capisco ma è ora che vengano fuori. Non è vero che non gli pesa. Pesa, sempre. Raccontare o meno con chi si esce, se con un ragazzo o con una ragazza, ad esempio, è una cosa che io volevo essere libero di fare. Se i miei colleghi eterosessuali potevano farlo, non vedo perché non lo potessi fare anche io”.

Così lo ha fatto, e non è stata certo una cosa di un giorno. Alla strada della chiusura ne ha preferito una più faticosa, forse, di certo più lunga, ma l’unica che valga la pena percorrere per avvicinarsi alla felicità e al miglioramento delle condizioni di vita per tutte le persone LGBTQI. “Bisogna cercare di avere un dialogo, un confronto, cambiare la cultura. La gente dovrebbe cercare di aprirsi per far aprire agli altri la mente. Bisogna cambiare le persone parlandoci”. Oggi Fabio gode del rispetto e della stima di tutti i suoi colleghi. “Essendo uno dei pochissimi appartenenti alle forza dell’ordine che si è dichiarato in maniera ufficiale, per molte cose sono diventato un punto di riferimento”. Così Fabio si trova spesso a parlare con tutti quei suoi colleghi che sono omosessuali ma che ancora non lo dicono. Perché a dispetto di quanto si possa pensare, “ce ne sono, sì che ce ne sono”.

Fabio è un poliziotto, ed è gay. Al pride ogni anno va a gridare questo, per rompere l’ennesimo tabù e l’ennesimo pregiudizio. Sempre che non sia di servizio, come gli è capitato più volte, per garantire la sicurezza dei manifestanti più colorati e pacifici di sempre: “il Pride è bello e facile da gestire perché le persone ci partecipano sempre con il suo vero spirito. Il problema nasce quando ci sono altre contro-manifestazioni che questo spirito lo vorrebbero ostacolare. È difficile a volte quando si cerca di mantenere queste persone lontane, così che il pride possa andare avanti”. Ma il pride va avanti, sempre e comunque. Perché le cose giuste non possono essere fermate. Vanno avanti sempre, come un’Onda.

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