Un anno fa ci chiedevamo se l’arte non solo può migliorarci. Non solo, ma è il veicolo perfetto per metterci in discussione, scuotere dentro, e toccare corde essenziali per la nostra crescita personale.
Ce lo riconferma il Gender Bender Festival, appuntamento annuale che fa di nuovo tappa anche quest’autunno dal 31 Ottobre al all’11 novembre 2023 a Bologna.
Per la sua 21esima edizione, il festival diretto da Daniele Del Pozzo e Mauro Meneghelli, e prodotto da Il Cassero LGBTI+ Center insieme al sostegno del Comune di Bologna, Regione Emilia-Romagna, MIC, e Unione europea, torna ad esplorare il rapporto tra genere, corpo, e desiderio attraverso una molteplicità di lenti: danza, arti visive, cinema, e letteratura diventano i mezzi per condividere esperienze nuove, cambiare prospettiva, e creare un dialogo più ampio e stratificato.
““Questa edizione invita trasversalmente pubblico, artiste e operatori a riconoscere le impronte lasciate in noi dagli altri, intese come le memorie che archiviamo
nei nostri corpi o come quei repertori condivisi di movimenti e gesti che costituiscono le nostre storie personali. Per giungere infine a rileggere e indagare i miti e gli archetipi fuori schema, o per riscriverne le storie” dichiarano i direttori Del Pozzo e Meneghelli.
Da I want you to know my story, mostra fotografica di Jess Dugan (ne avevamo parlato qui), fotografa americana che attraverso i suoi scatti ha ripercorso la sua storia e quella di altre persone queer (tanto che il 23 novembre 2015, l’amministrazione Obama l’ha invitata alla Casa Bianca per darle il premio “Champions of Change”, celebrando “persone ordinarie che facevano cose straordinarie per la loro comunità”) alla prima nazionale di Atlas da Boca, dove la coreografa trans brasiliana Gaya De Medeiros – scappata a Lisbona nel 2019 dopo la vittoria del presidente Bolsonaro in Brasile – porta sul palco due persone trans e ne celebra i corpi tra fisicità e simbolismo, in uno spazio che interseca parola, identità, e voce.
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Alla coreografa irlandese Oona Doherty, che nel suo Hope Hunt and the ascension into Lazarus (vincitore del Leone d’Argento alla Biennale Danza di Venezia nel 2021) destruttura lo stereotipo della mascolinità misogina della classe operaia irlandese, fino al sabba magico di Dewey Dell in I’ll do I’ll do I’ll do.
Non mancherà di certo il cinema, come la premiere italiana di Acsexybility, documentario diretto dal brasiliano Daniel Gonçalves che esplora la sessualità dal punto di vista delle persone disabili, smontando quell’eterno cliché che le vorrebbe innocenti e infantilizzate a vita. Il corpo continua ad essere esplorato da più angolazioni in Big Boys di Corey Sherman, Piaf di Ann Oren, e il debutto alla regia dell’attrice rumena Tünde Skovrán, Who I am not, offre una rappresentazione onesta e potente delle persone intersex.
Tra i tantissimi titoli in lista, si aggiungono anche rivisitazioni di grandi classici – come The life and strange surprising adventures of Robinson Cruso, che racconta in salsa irriverente e queer il celebre personaggio di Daniel Defoe, o Conan il Barbaro rivisitato in chiave femminile dal regista Bertrand Mandico in She is Conann.
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Ma le storie continuano anche sul palco con NOBODY NOBODY NOBODY It’s Ok Not To Be Ok, dove partendo dall’esperienza autobiografica di bullismo subito in adolescenza, il coreografo Ninarello esplora la vulnerabilità del corpo bullizzato e segnato dalla cultura della violenza o Nulle part est un endroit di Nach (nome d’arte della coreografa francese di origine senegalese Anne-Marie Van) che ci immerge nel mondo del krumping, danza risalente alla Los Angeles dei primi anni 2000, e utilizza il linguaggio del corpo come mezzo di protesta contro la violenza sulla comunità afroamericana, o la prima nazionale di Epic Everyday, dell’inglese TC Howard prodotto assieme alla comunità del progetto europeo Performing Gender – Dancing In Your Shoes.
Non mancheranno nemmeno i talk, come l’incontro con gli autori Huw Lemmey e Ben Miller, che in Bad gays. Crudeli e spietati: una storia omosessuale ripercorrono “i gay più cattivi di sempre”, da Alessandro Magno a Ernst Röhm, da Margaret Mead a Lawrence d’Arabia, o Alessandra Sarchi che in Vive! riscrive il corso della storia, salvando le donne più famose della letteratura occidentale da un tragico destino, fino al fumetto anti-abilista di Maria Chiara e Elena Paolini, Che brava che sei! 8 storie di abilismo quotidiano che attraverso otto storie dissacranti e ironiche chiama in causa tutti gli stereotipi ricondotti alle persone disabili.
Un tripudio di spunti, esperienze, e idee diverse che potrete portare a ballare con voi con il party di chiusura tenuto dal Cassero LGBTI+ Center.
Potete trovare il programma completo del Gender Bender qui.
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