Visto esce con “le migliori barzellette gay”. E scoppia la polemica

Il direttore si scusa l'editore no. Le petizioni online, l'indignazione delle associazioni

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Il numero di Visto in edicola

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Un libretto di barzellette sui gay la cui copertina lascia pochi dubbi sul tono dei contenuti. “Ti va di giocare a nascondino?” chiede uno dei due uomini ritratti. “Ok, se mi trovi mi puoi violentare, se non mi trovi… sono nell’armadio” risponde l’altro. E’ così che si presentava in edicola questo week end il volumetto allegato alla rivista “Visto” e che, a detta di alcuni edicolanti intervistati dal TG3 “è andato a ruba”.
La notizia ha fatto il giro dei social network in pochissime ore suscitando un vero e proprio fiume di reazioni indignate da parte della comunità gay che, come era facile prevedere, si è sentita offesa dalla distribuzione di quel libretto, ma non solo.
E in men che non si dica è anche partita una petizione online, anzi due. Una per chiederechiedere le scuse del direttore di Visto, Roberto Alessi. E Alessi si è scusato, in effetti.

Roberto Alessi, direttore di Visto

Roberto Alessi, direttore di Visto

Ha scelto il suo profilo Facebook per spiegare che lui non era a conoscenza di quella che ha definito “una iniziativa che attiene alle politiche distributive di cui non mi occupo”. “Per quanto riguarda la posizione di Visto sul rispetto e la considerazione del mondo omosessuale – continua Alessi – basta leggere i nostri servizi, ultimo quello della settimana scorsa sul vicesindaco di Viareggio o sull’impegno sociale di Vladimir Luxuria nel suo quartiere a Roma. Ripeto: mi scuso e sono veramente dispiaciuto”.
Di parere contrario l’editore che, invece, non solo non si è scusato, ma ha difeso il libretto incriminato. “Difendo e rivendico la scelta di allegare a Visto opere di barzellette su varie tematiche – ha dichiarato Federico Silvestri, amministratore delegato e direttore generale di Prs – tra le quali anche i gay, che non sono più un argomento tabù. A discriminare, piuttosto, è chi pensa il contrario”.

Federico Silvestri, editore di Visto

Federico Silvestri, editore di Visto

Quello che si rimprovera a Visto e al suo editore, però, non è la satira, sempre legittima, ma quello che il Circolo Mario Mieli di Roma ha definito “un libro omofobo che ci riporta indietro di decenni” e una iniziativa “di pessimo gusto e offensiva verso tutte le persone glbt che subiscono vessazioni, violenze e discriminazioni”. E se il presidente del circolo Andrea Maccarrone fa sapere in una nota che accoglie le scuse del direttore Alessi, chiedendo il ritiro del volume dalle edicole ricorda a Silvestri che “il libro perpetra invece pregiudizi e stereotipi che fanno balzare indietro l’Italia in un’epoca in cui gay e lesbiche erano obbligati a nascondersi o oggetto di violenze e derisione, lanciando messaggi pericolosissimi, specie per i più giovani, in un Paese che fatica ancora a mettere a punto una strategia nazionale di lotta all’omofobia e alla transfobia”.

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Indignata anche la reazione del presidente di Arcigay Flavio Romani che accusa l’editore del magazine di “volere fare cassa su uno stereotipo vecchio di decenni (…) per rilanciare le vendite dopo il passaggio di proprietà”. “Il balletto di scaricabarile tra direttore e editore – dichiara Romani in una nota – non è altro che l’ennesimo atto ipocrita di un’operazione che proprio attraverso l’ipocrisia vuole fare profitto. Lo fa distribuendo un vademecum per bulli, uno strumento che gli aguzzini potranno trasformare facilmente da “libro di barzellette sui gay” a “libro di torture per un gay”, quello che avranno eletto a loro bersaglio”. Ma l’attacco di Romani non si ferma all’editore di Visto e va oltre ricordando che “a tutelarci da queste derive dovrebbe esserci un Ministro alle Pari Opportunità (che però il premier Renzi non ha ritenuto utile nominare) o l’Ordine dei Giornalisti, che non sembra intenzionato, in questo come in tanti altri casi, a far valere le proprie carte deontologiche né ad applicare sanzioni, trascinandoci così tutti in una melma che infanga la rispettabilità oggi degli omosessuali, domani delle transessuali, poi delle donne, degli stranieri. Ma anche del Paese e della professione giornalistica”.

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