Il 20 gennaio di 25 anni fa, era il 1992, ci lasciava una delle più amate e celebri attrici del secolo scorso. Audrey Hepburn, vincitrice di due Oscar, tre Golden Globe, un Emmy, un Grammy Award, quattro Bafta, due Tony e tre David di Donatello.
Nata in Belgio e morta in Svizzera, la Hepburn era icona di stile, bellezza, eleganza. Un’attrice in grado di segnare due decenni, i ’50 e ’60, attraverso il proprio fascino, il proprio talento, la classe innata, il sorriso gentile, gli ipnotici occhi da cerbiatto. Musa di Givenchy, che la vestì da capo a piedi nei due cult movie Sabrina (1954) e Colazione da Tiffany (1961), Audrey ha vissuto una vita privata da dramma romantico. I 14 anni di matrimonio con Mel Ferrer, il figlio Sean, i due aborti spontanei, il colpo di fulmine per lo psichiatra italiano Andrea Dotti, il secondo matrimonio, il secondo figlio, il terzo aborto spontaneo, le conclamate e ripetute corna, l’addio e infine la convivenza con Robert Wolders, vedovo dell’attrice Merle Oberon. Inevitabile l’amore della comunità LGBT, da subito al fianco di questa donna così fragile e capace, delicata e garbata.
Negli ultimi anni diventata ambasciatrice Unicef, in prima fila nei confronti dei più deboli e bisognosi d’aiuto, con una decina di film Audrey è riuscita ad entrare nella leggenda di Hollywood, rimanendo nell’immaginario collettivo per decenni. Di fatto scappata da Los Angeles, con appena quattro pellicole negli ultimi 25 anni di vita, la Hepburn era tornata a vivere in Europa, in Svizzera, fino alla morte sopraggiunta a causa di un tumore al colon.
Una vita ricca di soddisfazioni personali ma tutt’altro che felice, segnata sin dall’infanzia vissuta senza un padre, che l’aveva abbandonata, tra le bombe e i rastrellamenti nazisti della Seconda Guerra Mondiale. Povera e malnutrita, studiò danza e recitazione, fino al provino della svolta nel 1952, quando William Wyler preferì lei, assoluta sconosciuta, ad Elizabeth Taylor. L’iconica Principessa Anna di Vacanze Romane divenne realtà, catapultandola nell’Olimpo. Il resto è Storia.
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Nel film Arianna c'è una scena in cui raggiunge Gary Cooper in una camera d'albergo e si sfila i guanti in una manera che ho trovato molto erotica, solo con quel gesto sembrava si fosse già spogliata completamente. Trovo che a livello interpretativo la prova migliore sia in uno dei suoi ultimi film "Gli occhi della notte" davvero notevole. Per chi vuole sentirla parlare in italiano si può ancora trovare su YouTube un'intervista di un vecchio programma degli anni '80 di rai1 che si chiamava Tg L'Una. Qualche anno fa da Tiffany sulla quinta strada l'unica cosa che ho trovato a ricordarla in cinque piani di negozio era un libro fotografico quasi nascosto in uno scaffale, chissà che non colgano questa ricorrenza per omaggiarla più calorosamente.