IL MASTER DELLA SANITÀ FRIENDLY

Nasce a Bologna il primo corso di alta formazione per operatori socio-sanitari che lavorano per le persone gay, lesbiche, bisex e trans. Ce ne parla il direttore Costantino Cipolla.

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Il mondo dell’Università in Italia non è particolarmente attento alle tematiche GLBT. Gli istituti che prevedono insegnamenti correlati sono molto pochi e non è facile per uno studente che vuole approfondire questi studi trovare docenti pronti a incoraggiare e sostenere il suo percorso. Le associazioni si sono mobilitate negli ultimi anni per cercare di incoraggiare nuove iniziative accademiche, ad esempio con il premio per tesi di laurea e dottorato di ricerca Maria Baiocchi organizzato da Di’ Gay Project e di cui è da poco disponibile il bando relativo all’edizione 2007. Un altro segnale decisamente positivo viene ora dall’Università di Bologna che organizza, in collaborazione con Arcigay nazionale, Arcilesbica nazionale e il Movimento Identità Transessuale, il corso di alta formazione in Welfare state e cittadinanza: gay, lesbiche, bisex, trans (GLBT).
Si tratta di un corso rivolto a tutti i laureati in lauree umanistiche, dell’area medica o delle professioni sociali e sanitarie e agli operatori del settore anche diplomati ma con almeno cinque anni di lavoro coerente alle spalle. Gli obiettivi sono quelli di fornire alle persone che sono o saranno impiegate nell’ambito socio-sanitario le conoscenze indispensabili per poter svolgere un servizio adeguato anche alla comunità GLBT, attraverso lo studio dei principali aspetti riguardanti l’identità e l’orientamento sessuale, dalle forme di relazione e convivenza alle tematiche della salute.

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Il corso, della durata complessiva di 125 ore di cui 25 di lezione frontale e 20 di didattica alternativa, si terrà a Bologna da giugno a settembre 2007 dal giovedì al sabato con esame finale e riconoscimento di un massimo di cinque crediti formativi e prevede la partecipazione di docenti di vari atenei e di rappresentanti delle associazioni glbt (tutte le informazioni sono reperibili sui siti www.saluteesocieta.com, www.unibo.it).
A dirigere il progetto c’è Costantino Cipolla, professore ordinario di Sociologia generale e di Sociologia della salute e presidente del corso di laurea specialistica in Sociologia della salute e degli stili di vita presso la facoltà di scienze politiche dell’Università di Bologna, che è anche stato il primo in Italia ad attivare un insegnamento intitolato “Sessualità e salute”.
Professore, come è nata l’idea di questo corso?
Insegno sociologia generale e mi occupo da anni di sociologia della salute; ho notato che c’è uno scarso utilizzo dei servizi sanitari e sociali da parte di questi sottogruppi di persone rappresentati dagli utenti gay, lesbiche, bisex e trans. Insieme con Raffaele Lelleri di Arcigay salute, abbiamo discusso di varie idee per poter lavorare su queste tematiche e intorno a queste abbiamo raccolto l’interesse di Arcigay, Arcilesbica e del Mit. Grazie a questo consenso, ho potuto costruire il progetto e l’ho sottoposto all’Università di Bologna che lo ha accettato.
È l’Università che deve approvare i contenuti del corso o lascia carta bianca ai docenti su questo?
Innanzitutto…
continua in seconda pagina^d
È l’Università che deve approvare i contenuti del corso o lascia carta bianca ai docenti su questo?
Innanzitutto viene verificata l’ineccepibilità formale del progetto, che deve rispettare certe caratteristiche tecniche. Non vengono valutati i contenuti in senso proprio ma ci si accerta che le materie di insegnamento siano correttamente strutturate, cioè che ci siano docenti preparati e che i corsi abbiano una compiutezza razionale. L’unica osservazione che è stata fatta al nostro progetto era relativa al costo: noi avevamo previsto una quota molto bassa per lasciare l’accesso libero a molte persone, ma l’Università ci ha chiesto di portarla a 400 euro che comunque rappresenta una cifra piuttosto bassa per questo tipo di corsi, che sono paragonabili a dei master post-laurea.
Quindi non ha avuto reazioni negative alla proposta?
Sa, il mondo dell’Università è fatto di primedonne, ognuno mira a portare avanti la propria carriera e posizione. Comunque non ho avuto reazioni da parte dei colleghi. Direi che l’Università così coma la Fondazione Alma Mater che gestisce il corso hanno avuto coraggio ad approvarlo perché si tratta comunque di una iniziativa sperimentale. Non sapevamo davvero che risposta ci sarebbe stata anche da parte dei possibili partecipanti, invece mi dicono che sono già arrivate circa 30-40 richieste da parte di persone realmente interessate.
Conferma allora l’impressione che negli ultimi tempi il mondo accademico stia prestando un po’ più di attenzione alle tematiche GLBT?
Io non governo tutto lo scibile su questo tema, so che si tratta di un mondo sterminato. Però ho notato che quando abbiamo cominciato a lavorare con le associazioni per trovare i docenti del corso abbiamo dovuto fare un lavoro molto analitico. Tenga presente che io sono l’unico in Italia ad insegnare una materia come sociologia della sessualità, nonostante l’identità sessuale sia un tema importante per definire i rapporti sociali. Quindi non ho la sua sensazione, sono ancora troppo pochi i docenti che si occupano di temi relativi alla sessualità, soprattutto nell’ambito sociologico. Forse psicologia se ne occupa di più.

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Qual è il ritratto del destinatario del corso a cui avete pensato?
Innanzitutto gli operatori sociali e sanitari che interagiscono con le persone glbt attraverso i consultori che sono stati creati in tutta Italia per fornire servizi a queste comunità. Però come le dicevo si tratta di una iniziativa sperimentale e anche noi stiamo scoprendo ora quali tipologie di operatori sono più interessati. Ad esempio, tra chi ci contatta per avere informazioni ci sono anche un buon numero di persone che non si occupano di tematiche glbt ma che lavorano ad esempio sulle dinamiche e differenze uomo-donna.
Ci sarà una selezione tra i candidati?
Una selezione viene effettuata sempre per verificare che ci siano i requisiti minimi per accedere al corso. Se poi avessimo un numero di richieste di iscrizione superiore al limite massimo di 50 previsto dal bando, allora dovremmo effettuare una selezione vera e propria stabilendo una commissione e una graduatoria di ammissione.
Prospettive future?
Se il corso va bene potremmo pensare a stabilizzarlo, cioè a renderlo un corso fisso da svolgersi annualmente. Magari aumentando i crediti formativi. E sicuramente aprirebbe la strada ad altre iniziative sulle stesse tematiche.
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