Iraq: per la prima volta un esponente sciita condanna la violenza contro il mondo LGBT

Dal 2009 viene perpetuato un esecrato eccidio delle persone LGBT, tacitamente accettato dalle autorità. Ora forse qualcosa cambierà.

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L’iracheno Moqtada al-Sadr, influente leader sciita del Movimento Sadrista (una frangia populista, nazionalista e fondamentalista nel Paese, che nel 2014 era il secondo partito di maggioranza in Parlamento), si è pronunciato in uno statement sul suo sito ufficiale contro la violenza nei confronti dei transgender.

A dare la notizia è Human Rights Watch, che da anni monitora la drammatica situazione per la comunità LGBT nel Paese: è dal 2009 che vengono registrate esecuzioni, impiccagioni e torture ai danni degli omosessuali o dei presunti tali. “Finalmente, il leader di uno dei gruppi i cui membri hanno portato avanti seri abusi nei confronti di lesbiche, gay, bisessuali e transgender in Iraq sta condannando tali comportamenti“, afferma Joe Stork, direttore della divisione Medio Oriente – Nordafrica di HRW. “Ci auguriamo che questa prima e flebile presa di posizione cambi i comportamenti dei capi delle armate di Sadr, e spinga il governo a condannare coloro che commettono tali crimini“. L’esercito del Mahdi, fondato da Sadr nel giugno 2003, secondo Human Rights Watch porta avanti una campagna di feroce repressione e condanna dell’omosessualità e della non conformità ai generi prestabiliti, che si esplica anche in uccisioni, assalti e esecuzioni: le autorità irachene in questi anni non hanno fatto nulla per fermarli. Questi gravi episodi sarebbero iniziati a Sadr City, distretto suburbano vicino a Baghdad in mano alle milizie del Mahdi, e si sarebbero poi diffusi a macchia d’olio in altre città irachene.

Il governo ha distrattamente risposto istituendo un comitato, verso la fine del 2012, che si occupasse degli abusi nei confronti della comunità LGBT: Iraqueer però, un gruppo LGBT locale, ha documentato in un report dello scorso anno che le esecuzioni e le minacce sono state perpetrate comunque. Due dei nove membri della commissione, tra l’altro, sono scomparsi senza lasciare traccia o spiegazioni: in tre anni sono rimasti in carica solo quattro dei nove membri originari.

In questa situazione non aiuta neanche il codice penale: se le relazioni tra persone dello stesso sesso non vengono direttamente condannate, l’articolo 394 vieta ogni tipo di relazione extra-coniugale. Questo di fatto criminalizza i rapporti omosessuali, non essendo ovviamente previsto alcun tipo di matrimonio same sex.

È per questo che le affermazioni del leader Sadr aprono un iniziale spiraglio di speranza per la comunità LGBT irachena: egli afferma che, nonostante le relazioni omosessuali e il crossdressing non siano accettabili, i transgender, soffrendo di “problemi psicologici”, non devono assolutamente essere maltrattati o uccisi. “Bisogna che ci si dissoci da loro ma non che li si attacchi: vanno guidati ad usare e rispettare un certo tipo di regole“.

Parole durissime e fortemente discriminatorie, certo. Ma che costituiscono un primo, piccolo passo verso un’accettazione più ampia. Le armate sotto il suo comando obbediranno a questo dettame autorevole e non perpetueranno più violenza in questa fascia della popolazione. “Se al-Sadr è ancora lontano dal comprendere totalmente l’importanza di concedere diritti alla comunità LGBT, le sue parole mostrano che capisce l’importanza di terminare gli abusi contro di loro“, afferma Stork. “Il comunicato rappresenta un cambiamento importante nella giusta direzione, e ci auguriamo che venga seguito da azioni concrete per proteggere le persone LGBT dalla violenza“.

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