Chi era Mariasilvia Spolato, prima donna italiana a fare coming out

Allontanata da famiglia e lavoro, negli anni '70 Mariasilvia Spolato entrava nella storia.

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la storia di maria Silvia Spolato
Maria Silvia Spolato fotografata da ZAMBELLO Lorenzo ProfessionalPhotoStudio
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L’8 Marzo del 1972, a Piazza del Popolo, una donna si presentò indossando un cartello con su scritto “Liberazione Omosessuale”: si chiamava Mariasilvia Spolato ed era la prima donna italiana a dichiarasi lesbica.

la storia di mariasilvia spopolato
Mariasilvia Spolato, 1972 (Foto: Il Manifesto)

Nata a Padova nel 1935, Spolato era un’insegnante di matematica, laureata con 11o e lode. Nel 1971, un anno prima del suo coming out – in un’epoca dove nemmeno esisteva una parola del genere – fondò il FLO (Fronte di Liberazione Omosessuale) e partecipò attivamente al collettivo femminista di Via Pompeo Magno creando un punto di svolta: l’obiettivo era liberare le lesbiche da uno stato di doppia oppressione, quello di essere omosessuali e al contempo anche donne in una società sistematicamente eteronomata e patriarcale. Le battaglie per diritti civili e parità di genere finalmente si intersecavano, e cominciavano a muoversi sullo stesso binario, unite da un obiettivo comune. Spolato era anche parte del FUORI! di cui fondò la rivista, insieme ad Angelo Pezzana, integrando l’esperienza e il punto di vista delle donne lesbiche all’interno del movimento omosessuale: era una ferrata scrittrice – pubblicò “La prima poesia lesbica del neofemminismo italiano” e il libro “I movimenti omosessuali di liberazione” considerato oggi un testo di riferimento nella storia dei diritti civili – e un’appassionata fotografa che collaborava con numerose riviste.

Alla manifestazione dell’8 Marzo 1972, venne fotografata e immortalata sulla copertina di Panorama. La foto fece il giro del paese, e Spolato si ritrovò con i riflettori puntati contro: ci rimise il posto d’insegnante – con l’accusa di “indegnità” – e venne allontanata dalla famiglia, ritrovandosi a vivere per strada. “Gira con due borsone come tutte le donne come tutte le donne che stanno per strada che hanno sempre due borse dove tengono tutto” le disse Edda Billi, che insieme alle altre donne del collettivo di Pompeo Magno, diventò punto di riferimento e ancora anche nella fase più dura della sua vita. Nelle due borse, Spolato teneva con sé articoli di giornale, appunti, libri – e non smetteva mai di leggere. Le testimonianze dell’epoca dichiarano che smise di lavarsi, mangiare, o accettare alcun tipo di aiuto o elemosina, se non qualche sigaretta. Arrivò a Bolzano, dove numerose lesbiche italiane le spedivano doni e dolciumi, come segno di supporto e soprattutto gratitudine. Perché il gesto di Mariasilvia Spolato quell’8 Marzo 1972, e tutti gli anni Settanta, fu simbolo di autodeterminazione, dando valore e visibilità ad una parte della comunità che ancora oggi rischia di cadere in secondo piano.

la storia di Mariasilvia Spolato
Mariasilvia Spolato fotografata da Lorenzo Zambello (ZAMBELLO Lorenzo ProfessionalPhotoStudio)

Morì il 31 Ottobre del 2018, nell’indifferenza del paese se non fosse stato per Lorenzo Zambello, che la fotografò e pubblicò sul Quotidiano Alto Adige: “Come fotografo è stato un grande onore per me poterla fotografare, infatti non amava essere ripresa. Questa primavera, mentre facevo ritratti degli ospiti di villa Armonia, è stata lei a venire da me” dichiarò Zambello, consacrando la sua storia agli occhi di un’intera nazione.

Leggi anche: Giornata della Visibilità Lesbica: perché ricordarla

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