“Se chiudo gli occhi non sono più qui”, il piccolo Kiko alla ricerca di un padre
“L’omosessualità e l’eterosessualità non esistono. Esistono le persone e il loro amore”. Echeggia questa frase nel cineracconto di formazione “Se chiudo gli occhi non sono più qui”, piccolo film indipendente diretto dal regista valtellinese Vittorio Moroni e presentato l’anno scorso al Festival di Roma nella sezione Alice nella città (la versione che esce in sala è leggermente accorciata e rimontata). Kiko è un ragazzino italo-filippino di sedici anni appassionato di astronomia, ha perso il papà e vive con la madre e il suo nuovo compagno che non sopporta: costui cerca di reclutarlo fra i suoi lavoratori clandestini come manovale. Quando Kiko conosce Ettore, un insegnante sessantenne in pensione che dice di essere stato amico di suo padre, il suo rendimento a scuola migliora grazie all’aiuto dell’uomo.
Nel cast Giorgio Colangeli e Beppe Fiorello. Ideale per chi cerca un dramma d’autore intimista su assenza e compensazione della figura paterna.
“Anime nere”, tragedia calabrese nel cuore buio dell’ndrangheta
Acclamato al Festival di Venezia, esce in sala il terzo film di Francesco Munzi, “Anime nere”, tratto dal romanzo omonimo di Gioacchino Criaco edito nel 2008 da Rubbettino. Tragedia calabrese di carne e sangue, è una livida immersione nell’ndrangheta del paesino calabrese di Africo, dal punto di vista di tre fratelli: un trafficante internazionale di droga, un riciclatore di denaro sporco emigrato a Milano e un pastore rimasto nella terra natale. Un atto intimidatorio contro un bar protetto da un clan rivale scatena una faida destinata a degenerare nella violenza più efferata e fa riemergere rancori e spirito di vendetta per l’uccisione, anni prima, del padre dei tre fratelli.
Il regista ha girato proprio nei luoghi descritti nel film: “Sono arrivato in Calabria carico di pregiudizi e paure – ha dichiarato Munzi -. Ho scoperto una realtà molto complessa e variegata. Ho visto la diffidenza trasformarsi in curiosità e le case aprirsi a noi. Ho mescolato i miei attori con gli africesi, che hanno recitato e lavorato con la troupe. Senza di loro questo film sarebbe stato più povero. Africo ha avuto una storia di criminalità molto dura che però può aiutare a comprendere tante cose del nostro Paese. Da Africo si può vedere meglio l’Italia”.
“Un ragazzo d’oro” è Scamarcio ma c’è la golden lady Sharon Stone
Il cinema un po’ retrò e ultimamente piuttosto annacquato di Pupi Avati sembrerebbe fare a pugni con l’immagine di una diva hollywoodiana tutta glamour e irruenza come Sharon Stone, eppure Pupi l’ha fortemente voluta sul set del suo ultimo film, “Un ragazzo d’oro” (come c’era da aspettarsi, i rapporti sul set sono stati tesi anche per l’invadenza dei paparazzi: Lady Stone si è lamentata soprattutto per il caos e la carenza organizzativa). La storia è comunque nelle corde nostalgiche del regista bolognese: un creativo pubblicitario ansioso, Davide Bias (Riccardo Scamarcio), si trasferisce a Roma dopo la morte improvvisa del padre Davide a causa di un incidente automobilistico. Qui conosce una fascinosa editor, Ludovica Stern (Sharon Stone), la quale vorrebbe pubblicare un romanzo autobiografico che Davide aveva intenzione di scrivere: lo farà il figlio. È proprio il weekend cinematografico dei ‘padri assenti’, tra l’altro una costante nell’opera di Avati che perse il proprio genitore all’età di 12 anni.
“Jimi – All is by my side”, la leggenda della musica rivive senza le sue musiche
Nel 44esimo anniversario della morte di Hendrix avvenuta a soli 28 anni, esce “Jimi- All is by my side” diretto da John Ridley, sceneggiatore di “12 anni schiavo”, cinericostruzione di un anno chiave – a cavallo tra il 1966 e il ‘67 – nella vita di una leggenda top della musica, considerato il più grande chitarrista di sempre. Lo interpreta il rapper degli Outkast, André Benjamin detto 3000, assai somigliante fisicamente, mentre Linda Keith, la fidanzata di Keith Richard che lo scoprì in un locale di New York, è l’eterea attrice inglese Imogen Gay Poots. Purtroppo l’operazione è viziata da un grave problema di fondo: gli eredi non hanno concesso i diritti per utilizzare le musiche originali di Hendrix, così niente ‘Purple Haze’ né ‘Hey Joe’. Ci sono invece la fondazione e il successo del suo gruppo ‘Experience’, il trionfo al Festival di Monterey, derive hippy-psichedeliche e violenze meschine (ma lo era davvero, violento?) nei confronti delle compagne. Are You Fan?