L’hanno già soprannominato Colin ‘First’, a riprova che è davvero il suo momento, e rischia di diventare proprio l’attore ‘numero uno’ con il Golden Globe e/o l’Oscar sempre più vicini grazie all’interpretazione spaccacuore del suo memorabile George, irresistibile dietro quegli spessi occhiali-schermo neri, nell’imminente “A Single Man” di Tom Ford in cui sarà doppiato da Massimo Lopez (l’edizione italiana conserverà il titolo originale per scelta del regista, ci hanno spiegato alla casa di distribuzione Archibald, e per distinguerla meglio dal libro tradotto).
Ma l’attore britannico quasi cinquantenne Colin Andrew Firth – varcherà la fatidica soglia del mezzo secolo il 10 settembre – la sua carriera l’ha costruita con costanza e dedizione anche se ha rischiato di rimanere ingabbiato nell’etichetta del bietolone affibbiatagli da quella commedia di massimo successo con cui ancora lo si identifica, la cineriscossa delle impiegate antimodaiole “Il diario di Bridget Jones”, oppure quella lunga serie di film in costume in cui Colin era operoso e corretto, da “Valmont” a “Orgoglio e pregiudizio” (per la tv), dal wildiano “L’importanza di chiamarsi Ernesto” a “La ragazza con l’orecchio di perla” ma, riconosciamolo, senza rimanere impresso per ruoli memorabili o particolarmente significativi.
Un legame molto particolare l’ha invece sempre avuto col cinema gay che gli ha portato non poca fortuna: ha esordito infatti con quel dramma cult che è l’appassionato “Another Country – la scelta” di Marek Kanievska dove conobbe Rupert Everett a cui donò il ruolo della spia gay che Colin aveva recitato con successo a teatro. E proprio Rupert è nuovamente compagno di set nella commedia drag sbracatella “St. Trinian’s” (c’è sempre di mezzo un college inglese, è quasi una costante: Colin è tra l’altro figlio di professori universitari) dove si lanciavano in un’esilarante e improbabile scena di sesso. Li rivedremo insieme anche nel seguito “The legend of Fritton’s Gold”, uscito poco prima di Natale in Gran Bretagna.
Sulla rivista “Parade”, Firth ha dato ragione a Everett quando sconsiglia agli attori gay di fare coming out perché rischioso per la propria carriera: “Se sei un attore etero che hai il ruolo di un gay è ovvio che non sia la medesima cosa se tu lo fossi realmente” spiega Colin. “Personalmente credo che ci siano ancora dei limiti verso chi è gay dichiarato”.
C’era un sottotesto queer anche nell’insolito “False verità” del grande Atom Egoyan, thriller erotico e misterioso, uno dei titoli meno allineati e più originali della sua carriera.
Recentemente l’abbiamo visto spavaldo canterino nel vorticoso musical "Mamma mia!", a fianco di Meryl Streep, e alla resa dei conti, quando si deve scoprire qual è il papà dell’irrequieta Sophie, il suo personaggio Harry, uno dei tre potenziali candidati, rivela di essere omosessuale.
Al Lido di Venezia l’abbiamo sentito parlare bene l’italiano con un simpatico intercalare alla Stanlio: è sposato dal 1997 con la documentarista romana Livia Giuggioli da cui ha avuto due figli (il primo è nato dall’unione con l’attrice Meg Tilly) e si divide tra Londra e l’Italia che considera la sua seconda patria.
In questi giorni, sta girando a Los Angeles “The King’s Speech” (“Il Discorso del Re”) di Tom Hooper dove è ancora una volta George, ma questa volta il blasonato re Giorgio VI, papà dell’attuale regina Elisabetta, introverso e balbuziente, con non pochi problemi nel pronunciare il discorso d’incoronazione. Ma sul trono più alto è ormai probabile che salga col suo George Falconer di “A Single Man” in cui sembra davvero sparire dietro al personaggio. Insomma, il re non è nudo ma è solo. Da domani sbarcherà nelle sale italiane: non si può non vederlo (possibilmente in compagnia!).
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