Una corte militare sudcoreana ha condannato a sei mesi di reclusione il capitano dell’esercito per aver fatto sesso con un altro uomo. La pena è stata sospesa.
In Corea del Sud l’omosessualità è consentita dalla legge, ma viene punita se ‘praticata’ sotto le armi. Un paradosso che di fatto mette a rischio detenzione migliaia di gay, dato che la leva militare nel Paese è obbligatoria per tutti gli uomini tra i 18 e i 35 anni.
Secondo la legge sudcoreana, per un militare ogni “atto di sodomia” è considerato un comportamento censurabile, che comporta il congedo con disonore e la possibilità di una condanna fino a due anni di reclusione.
L’esercito coreano però starebbe andato anche oltre, mettendo in atto una vera caccia ai militari omosessuali con l’attivazione di profili falsi sulle app di dating per fare outing dei soldati.
Kim In-sook, avvocato del capitano, afferma che il suo cliente sarebbe finito a processo per un rapporto consensuale con il suo partner in uno spazio privato. “È una sentenza ridicola – ha commentato- La legge non rispetta i diritti umani basilari”.
Sul tema è intervenuta duramente anche Amnesty International: “La Corea del Sud deve fermare immediatamente questa bigotta caccia al personale militare omosessuale – ha affermato Roseann Rife, direttrice Amnesty per l’estremo oriente – Questa sentenza ingiusta dovrebbe essere ribaltata al più presto. Nessuno deve essere perseguito per le azioni conseguenti al proprio orientamento sessuale o all’identità di genere. Quello che conta è il servizio non la sessualità”.
Pur avendo un alto grado di libertà individuale, in Corea del Sud i diritti LGBT sono ancora un tabù, complice la pressione delle lobby cristiane tradizionaliste.
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