Fase Due, è bufera sui ‘congiunti’: Arcigay e Zan contro il Governo, “descriminazione affettiva intollerabile”

Anche dalla maggioranza PD sono arrivate critiche al DPCM del Governo. Durissimi Arcigay e Gay Center, che minacciano la dissobedienza civile.

Fase Due, è bufera sui 'congiunti': Arcigay e Zan contro il Governo, "descriminazione affettiva intollerabile" - giuseppe conte - Gay.it
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Una tempesta di fuoco contro il governo Conte, dopo l’attacco del mattino da parte di Sergio Lo Giudice, ex senatore della Repubblica. L’aggettivo ‘congiunti’, esploso ieri sera grazie all’ultimo DPCM firmato dal Premier, ha scatenato parte della comunità LGBT nazionale, perché sarebbe discriminante nei confronti delle famiglie arcobaleno e di tutte quelle persone LGBT che la propria famiglia se la sono scelta, formata, andando oltre le parentele di sangue. Ricordiamo che l’ultimo DPCM, in vigore dal 4 maggio, consentirà a tutti noi di andare a trovare i nostri ‘congiunti‘, per cui si intende “gli ascendenti, i discendenti, il coniuge, la parte di un’unione civile tra persone dello stesso sesso, i fratelli, le sorelle, gli affini nello stesso grado, gli zii e i nipoti“. Rimangono così fuori dagli incontri autorizzati i fidanzati, gli amici.

Critiche al Governo Conte sono arrivate dalla stessa maggioranza. Alessandro Zan, deputato PD, ha tuonato: “La sfida che questo governo sta gestendo è epocale e condivido che la fase della riapertura debba essere scandita da progressiva gradualità, per scongiurare il più possibile una recrudescenza della pandemia Covid, che rappresenterebbe un ulteriore disastro sanitario, sociale ed economico. Al contempo però non può essere giudicata positivamente la decisione di consentire i contatti diretti e le visite tra ai soli “congiunti”. È un errore cedere a una deriva paternalistica e patriarcale che non appartiene all’identità politica e valoriale della maggioranza. Un governo, e quindi uno Stato, in nessun caso può stabilire quali siano le priorità affettive dei propri concittadini, una sorta di gerarchia degli affetti, soprattutto all’indomani di quasi due mesi di isolamento domiciliare, che tutt’ora continua. Nella società esiste una pluralità di legami che creano “congiunti” che va ben al di là dell’effetto di un atto giuridico o di un legame di sangue. Mi riferisco, ad esempio, a famiglie arcobaleno che tutt’ora non sono riconosciute, a coppie che non convivono, e a tutti quei legami che esulano dalla letterale definizione del termine contenuto nel decreto. È necessario dunque che il governo si adoperi tempestivamente per correggere in sede interpretativa il significato del termine, o emendi lo stesso per evitare una discriminazione affettiva che non può essere tollerata“.

Dura anche Monica Cirinnà, senatrice PD: “Condivido la prudenza del Governo nella scelta di graduare le aperture: sono ancora troppe le incertezze, e non possiamo rischiare una ripresa improvvisa dei contagi. Allo stesso tempo, non condivido la scelta di limitare le visite in sicurezza ai soli congiunti, perché non tiene conto della pluralità delle esperienze e degli affetti”. “Esistono relazioni significative che vanno al di là dei legami giuridici e di sangue, e relazioni che attraversano i confini delle Regioni: penso innanzitutto alla situazione di alcune famiglie separate, alla condizione delle coppie non conviventi o delle famiglie arcobaleno non riconosciute, ma anche ai tanti legami di affetto tra persone sole, che vengono ignorati dal decreto”. “Se si decide di venire incontro, seppur limitatamente, a specifiche esigenze affettive, si deve farlo nel rispetto della pari dignità e dell’autodeterminazione delle persone. Le solitudini sono tante e diverse, e non possono essere ignorate. Mi auguro che si intervenga presto a precisare, anche solo in via interpretativa, la portata del decreto approvato ieri sera, su questo specifico punto e ferme restando tutte le necessarie precauzioni. La ritengo una assoluta priorità e mi batterò per questo”.

Durissimo, invece, Gabriele Piazzoni, segretario generali di Arcigay che si è detto sconcertato e pronto alla disobbedienza civile.

Le disposizioni illustrate dal Presidente del Consiglio Giuseppe Conte in merito alla fase 2 della gestione dell’emergenza Coronavirus e contenute nel Dpcm pubblicato ieri sera sul sito del Governo ci lasciano sconcertati. In particolare, il fatto che l’allentamento delle restrizioni sulle relazioni sociali sia circoscritto alla definizione di “congiunti”, che nei nostri codici è riferita inequivocabilmente alla dimensione formale della parentela, di sangue o acquisita, rappresenta un inedito e inaccettabile intervento dello Stato nella definizione della gerarchia degli affetti dei cittadini e delle cittadine, che taglia fuori ciò che lo Stato non vede o non riconosce, come ad esempio i genitori sociali non ancora riconosciuti all’interno delle famiglie omogenitoriali o le relazioni elettive che in alcuni casi sostituiscono addirittura quelle determinate dai legami biologici. Rivendichiamo con forza e senza disponibilità ad alcuna trattativa sul tema, una definizione di famiglia plurale e sociale, che sia in grado di includere tutte le formazioni elettive che costituiscono la rete di sostegno reale di tutte le persone, in primis le persone lgbti. Sia chiaro: condividiamo senza dubbio la prudenza con cui ci sia avvia al superamento del lockdown della fase 1. A questo proposito, anzi, ci preme ricordare che i morti e le persone contagiate dal Coronavirus e ricoverate nelle terapie intensive sono i nostri amici, i nostri conoscenti, i nostri nonni e le nostre nonne, i nostri genitori, le persone che abbiamo amato e ancora amiamo. Insomma, il lutto e la paura hanno toccato i cittadini e le cittadine nell’intimo, producendo una drammatica consapevolezza, che non può essere confusa con noncuranza o leggerezza. Pertanto respingiamo qualsiasi rappresentazione che faccia pensare ai cittadini e alle cittadine come irresponsabili o peggio ancora incuranti delle conseguenze di una nuova eventuale ondata di contagi. Nessuno e nessuna di noi vorrebbe vedere un persona cara finire intubata a causa delle leggerezza o dell’incoscienza di contatti e relazioni. Questo allora deve essere il punto di partenza, il presupposto condiviso di qualsiasi strategia. Ci deve essere fiducia reciproca e responsabilità da tutte le parti. Quindi: benissimo che il Governo normi in maniera stringente e prudente la quantità di contatti e la modalità con cui essi debbano avvenire, cioè mantenendo la distanza prescritta e indossando gli appositi ausili. Ma nessun Governo può indicarci chi incontrare e chi no. Non si può continuare a ignorare il benessere psicologico di milioni di persone che vivono sole e che non hanno famiglia o che non hanno relazioni con i congiunti. Inoltre, ci rifiutiamo di pensare che il Governo non si preoccupi delle necessità relazionali dei giovani, che con scuole e università chiuse vedono completamente preclusa ogni possibilità di vita fuori dalla famiglia. La situazione è complessa, ed è indubbio che la ripresa della normalità debba passare da interventi ben ponderati, ma questo non può avvenire attraverso forzature che surrettiziamente promuovono alcune formazioni sociali a scapito di altre, infierendo ulteriormente sull’equilibrio psicofisico e sul benessere delle persone. Chiediamo con forza che gli esperti consultati riformulino tempestivamente la proposta contenuta nel Dpcm firmato ieri, senza concedere quantitativamente di più ma astenendosi dal tentativo torbido di distinguere affetti di serie A e di serie B, prescindendo dalle esperienze dei singoli e perfino della fotografia che i servizi demografici danno della nostra società. Diversamente, le tante persone colpite dai limiti del provvedimento, rischiano di essere costrette a disubbidire per garantire quel minimo di relazioni e contatti sociali che sono necessari e indispensabili per il benessere degli individui.

Proteste, infine, anche da parte di Fabrizio Marrazzo, portavoce Gay Center: “Il Decreto Conte discrimina ancora una volta le persone Lesbiche, Gay, Bisex e Trans e non solo. Infatti molti della nostra comunità sono spesso isolati dalle proprie famiglie e parenti, ed hanno costruito le proprie vite su una rete di amicizie che ha spesso sostituito e compensato gli affetti mancati dei propri familiari. Analogamente ciò avviene in molte famiglie basate su convivenze di fatto, ossia le cosiddette “famiglie allargate”. Inoltre, molto spesso le coppie lesbiche e gay non risultano sulla carta genitori di entrambi i figli, e pertanto non sono parenti dei rispettivi zii e nonni dei propri figli. Il nuovo decreto da la possibilità solo ad alcuni di ripristinare la propria rete di affetti, ma non a buona parte della nostra comunità ed a quella parte della società che non rientra nelle logiche di parentela ottocentesche. Il Decreto, dovrebbe limitare i contatti, invece in questo modo per alcuni sarà possibile fare molti incontri, mentre ad esempio per le famiglie monoparentali, che sono circa il un terzo della popolazione non potranno fare incontri. Per questo proponiamo al Presidente Conte di rivedere il decreto e dare a tutti un limite di spostamento verso un numero definito di indirizzi che potrà indicare nella autocertificazione, ad esempio sino ad un massimo di 3 o 5 indirizzi a persona, in modo da limitare equamente gli spostamenti. Altrimenti, a questo punto molti di noi saremmo costretti alla dissobedienza civile“.

Sull’argomento è intervenuto anche Gianmarco Capogna di Possibile LGBTI +, con un altro attacco al Governo: “Questa emergenza ha fatto emergere la drammaticità di enormi disuguaglianze: le difficoltà delle famiglie, la povertà educativa, le violenze domestiche verso donne e persone LGBTI. In particolare, secondo i dati che emergono in tutto il mondo, i numeri delle violenze domestiche sono cresciuto in tutti i Paesi dove si è resa necessaria la quarantena in casa come ha sottolineato anche Dubravka Simonovic, relatrice speciale ONU per la violenza contro le donne. Per non parlare della situazione delle persone LGBTQI+ costrette, spesso come per le donne vittime di violenza, a vivere la quarantena in situazioni che rappresentano una prigione più che un ambiente sicuro. Dal 4 Maggio al via la fase 2 ma pari opportunità ed uguaglianza sono le eterne sconosciute. Da parte nostra non arretreremo di un solo passo: vigileremo e continueremo a chiedere rispetto per tutte e tutti, per le donne, le famiglie, le persone LGBTQI+. Per riportare questi temi nell’agenda politica a pieno titolo e per dare una rappresentanza politica a chi, specialmente in questo periodo, sembra sempre dimenticat*“.

Al Governo Conte altri 7 giorni di tempo per intervenire, andando soprattutto a colmare l’indigeribile vuoto normativo che coinvolge le famiglie arcobaleno.

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