Hollywood di Ryan Murphy, la vera storia sui festini gay di George Cukor

Nella nuova serie Netflix si raccontano le leggendarie feste notturne domenicali di George Cukor, regista premio Oscar per My Fair Lady. Cosa c'è di vero? Tutto.

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Il 1 maggio è arrivata su Netflix la nuova miniserie di Ryan Murphy, Hollywood, interamente centrata sugli anni d’oro della Mecca del Cinema, ipocrita, razzista, maschilista, perversa e omofoba. Una Golden Age che il padre di Glee ha in parte reinventato, immaginando una Hollywood finalmente inclusiva e meno discriminatoria, aperta ad attori dichiaratamente omosessuali e attrici di etnie diverse. Murphy si è domandato cosa sarebbe accaduto se le donne, i gay e le persone di colore avessero avuto spazio e successo nella Tinseltown degli anni ’40. Una fantarealtà perennemente in bilico tra personaggi realmente vissuti, come Rock Hudson e Hattie McDaniel, e altri puramente inventati.

In una delle 7 puntate Murphy si dedica ai famigerati party notturni di George Cukor, regista premio Oscar per My Fair Lady visto all’opera anche con Piccole donne, Nata Ieri, È nata una stella. Per quanto mai dichiaratosi omosessuale, tutti a Hollywood sapevano di Cukor, anche perché il regista non faceva nulla per ‘nascondersi’. I suoi festini della domenica, con decine di gigolò, produttori, attori, sceneggiatori e chi più ne ha più ne metta, hanno scritto la storia.

Il biografo Patrick McGilligan ne ha parlato nel libro George Cukor: A Double Life: “Gli piacevano personaggi illustri e famosi“, ha confessato l’attrice Kitty Carlisle a McGilligan. “E ti aspettavi sempre buon cibo. Accettavi i suoi inviti con alacrità perché ti faceva sentire importante. Faceva sentire tutti noi tutti come se fossimo i suoi più graditi ospiti“. Ma al termine delle ‘cene eleganti’, verso le 22 di sera, i party si trasformavano in altro, ovvero in autentici festini a bordo piscina per soli uomini. Tra gli ospiti fissi, come descritto in Hollywood di Ryan Murphy, anche Rock Hudson, costretto dalle major a tacere la sua omosessualità per decenni, fino alla sua morte causa AIDS, e il suo storico manager, Henry Wilson, nella serie Netflix magnificamente interpretato da Jim Parsons. Ogni domenica notte nel villone del regista ci si ritrovava per sentirsi ‘normali’, anche solo per poche ore, frequentando apertamente persone del proprio sesso con le quali alla luce del sole sarebbe stato impossibile intrattenersi.

In quei fantastici anni d’oro Cukor e Cole Porter facevano a gara su chi organizzasse i migliori party gay di Hollywood. Questa rivalità fece guadagnare loro il titolo di “the rival Queens of Hollywood” (“le regine rivali di Hollywood”). Fortunatamente per entrambi, le forze dell’ordine chiusero quasi sempre un occhio, per quanto all’epoca il sesso gay fosse illegale. Arrestato una volta, Cukor riuscì a nascondere la sua scappatella in carcere grazie anche all’intervento dei capoccioni MGM, tanto da proseguire la sua gloriosa carriera fino alla propria morte, avvenuta all’età di 82 anni nel 1983.

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