Billy Porter, attore e cantante americano, è noto anche per il suo ruolo nella serie televisiva “Pose”, in cui interpreta Pray Tell, un maestro di cerimonie che lavora nei ballroom della scena LGBT degli anni ’80 a New York.
Pray Tell è un uomo gay e sieropositivo, una rappresentazione importante per una comunità spesso esclusa dal mondo dello spettacolo. E, per Porter, questo personaggio ha rappresentato un vero e proprio veicolo per superare, una volta per tutte, il proprio stigma interiorizzato.
“La vita imita l’arte”
In un recente episodio di “Authentic Voices Of Pride”, sul canale YouTube di LGBTQ Nation, Porter ha parlato apertamente della sua esperienza con l’HIV e di come “Pose” gli abbia permesso di superare lo stigma associato alla malattia.
“La vita imita l’arte. Non avrei mai pensato di vivere abbastanza a lungo per vedere la nascita di una serie come Pose, né tantomeno di farne parte. Il ruolo che ho interpretato mi ha dato la possibilità di parlarne, di diffondere un messaggio. Parlare di Pose mi emoziona, non so dove sarei oggi se quella serie non fosse mai stata realizzata”.
Grazie alla sua interpretazione, Porter ha vinto numerosi premi, tra cui un Emmy Award come miglior attore protagonista in una serie drammatica nel 2019. Il suo lavoro nella serie è stato anche un importante contributo alla visibilità e alla rappresentazione delle persone LGBT e di colore in televisione.
Lo stigma peggiore è quello verso sé stessi
“Mi hanno diagnosticato l’HIV nel 2007, e me ne vergognavo molto. Ai tempi, facevo parte di quella generazione che ‘avrebbe dovuto saperne di più’. Parlarne ad alta voce era spaventoso. Poi, è nata Pose, e qui Pray Tell è sieropositivo. Come me”
Durante l’intervista, Porter ha espresso la sua profonda gratitudine per il ruolo che l’arte può svolgere nella sensibilizzazione e nella lotta contro lo stigma dell’HIV, dando voce e visibilità alla comunità LGBTQIA+ e affrontando con coraggio temi delicati come questo.
“L’arte guarisce l’anima.”
Porter ha anche riconosciuto i notevoli progressi fatti nella valutazione, nel trattamento e nella prevenzione dell’HIV, come la disponibilità di PrEP per prevenire l’HIV e la terapia antiretrovirale che permette alle persone di diventare indetectable, e quindi non trasmettere il virus.
Tuttavia, ha evidenziato che c’è ancora molto lavoro da fare per garantire che tutte le persone che ne hanno bisogno possano accedere a questi servizi, soprattutto coloro che vivono in condizioni di svantaggio.
“Potevo ricevere assistenza sanitaria solo a intermittenza: per i primi 10 anni, ero in trattamento, poi non più. Ho sempre avuto l’impressione di dovermi scapicollare per trovare un lavoro che mi permettesse di ricevere cure salvavita. Nella nostra comunità, per persone afroamericane, ispaniche, latine, indiane, native e appartenenti ad altre minoranze affrontano ancora più sfide rispetto alla comunità bianca. L’oppressione sistemica e il razzismo prendono molte, subdole forme”.
Porter ha sottolineato l’importanza della sensibilizzazione e dell’educazione per la prevenzione dell’HIV, per combattere lo stigma e garantire che tutte le persone possano accedere alle cure necessarie.
“Io rappresento una tipica persona con l’HIV nel 2023. La speranza è che chi mi segue e mi ascolta possa sentirsi validati e parte di una comunità, ma soprattutto, avere speranza. Ho sempre pensato che la mia queerness potesse in qualche modo mettermi i bastoni tra le ruote. Oggi, la mia queerness è il mio superpotere”.
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