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Il giro del mondo ‘Da Sodoma a Hollywood’

Una panoramica per tastare il polso al cinema queer internazionale del Togay: Filippine, Scandinavia, Brasile e Belgio danno il meglio per qualità e originalità. Stasera chiusura con Luxuria.

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5 min. di lettura

BELGIO – ELEVE LIBRE di Joachim Lafosse

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È arrivato come una stilettata inattesa nella coscienza dei benpensanti, insinuante e sconvolgente, il più provocatorio dei film in concorso, Elève libre (Private lessons) del talento crescente Joachim Lafosse, già autore del rivelatorio Proprietà privata con Isabelle Huppert. Teorico analitico delle famiglie disfunzionali, Lafosse espone un trattato di impressionante lucidità geometrica su Jonas, un angelico ragazzino poco brillante a scuola ma appassionato di tennis (Jonas Bloquet, da urlo) che viene cresciuto da una strana famiglia alternativa composta da due uomini e una donna e si lega in particolare al più grande, il protettivo Pierre (Jonathan Zaccaï, insostituibile). L’educazione diventa presto sentimentale e sessuale, con tanto di giochi erotici bisex per occhi bendati, ma quando Pierre arriva a uno spiccio rapporto anale il ragazzo si turba oltre misura incrinando il rapporto. È stato abuso? Radicalizzando il discorso sul nuovo concetto di famiglia "diversa" perché non incasellabile, Lafosse affronta di petto uno degli ultimi tabù rimasti: l’educazione sessuale. Senza alcuna concessione al voyeurismo, il regista rivaluta e reinventa il concetto di paideia greca («ma io non c’ero a quei tempi, non so che cosa facessero i greci!» ha commentato Lafosse) spostando i limiti della responsabilità genitoriale e sviscerando in maniera sorprendente il concetto di sentimento nella società borghesizzata dalla forte impronta socialmente competitiva – «devi imparare a distinguere e separare il sesso dall’amore» insegna Pierre che si definisce "non gay" e detesta gli uomini che imitano le donne – ma mantenendo un tono volutamente ambiguo che ha perturbato il pubblico, letteralmente diviso in due, tra chi l’ha trovato "bellissimo" e chi "una schifezza". Un sesso nello stagno (che merita di essere distribuito).

BRASILE – A FESTA DA MENINA MORTA di Matheus Nachtergale
Il film più esotico e seducente della competizione, immersione ipnotica nei riti di una ristretta comunità dell’Amazzonia il cui faro spirituale è un gender, detto il Santo, che riceve messaggi da una ragazza sbranata da una muta di cani, di cui diventa una sorta di reincarnazione oracolare, depositario della memoria e di un suo abito, preziosa reliquia. L’identità gender del protagonista diventa così metafora di una religiosità animista tormentata dall’eterno contrasto tra religiosità e natura, vita materiale e immanenza del sacro, desiderio della carne e trascendenza spirituale. Molto bravo il protagonista Daniel de Oliveira.

DANIMARCA – EN FORELSKELKE (RISVEGLIO) di Christian Tafdrup

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Una giovane coppia etero è messa in crisi dall’infatuazione di lui, sedicenne, per il padre di lei, che esplode in un bacio appassionato durante una battuta di caccia alle anatre. L’amore intergenerazionale è stato uno dei fili rossi del festival e qui si esprime in una forma compiuta e essenziale che colpisce al cuore. Tafdrup è anche attore e ha recitato nel trans Soap e in Dopo il matrimonio di Susanne Bier.

FILIPPINE – BOY di Auraeus Solito

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Dal vincitore dell’edizione 2006 con The Blossoming of Maximo Oliveros, un romanzo (quasi) rosa di formazione su un ragazzino aspirante poeta e un go-go dancer che lavora in uno strip club gestito dalla (vera) trans Belinda. Senza melensaggini ma con sincerità e candore, Solito firma una delicata commedia sentimentale che è «un’ode personale al genere cinematografico filippino dei macho dancer». I protagonisti del film, censurato dal festival di Singapore, sono alquanto efebici e possono sembrare minorenni ma il regista assicura che «hanno tutti da 21 anni in su: abbiamo stipulato con loro regolari contratti per prevenire problemi legali». Nel riuscito Boy, influenzato dal cinema sensuale di Lino Brocka, abbiamo visto la più bella scena d’amore del festival: i corpi avvinghiati dei protagonisti vengono poeticamente inquadrati dietro un acquario colmo di pesci fluttuanti.

ITALIA – DESERTOGRIGIO di Maria Arena

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Un intrigante corto sperimentale d’ispirazione teatrale presentato in Voice Over con Eva Robin’s e Dany Greggio nel ruolo di un prete fratricida dalla personalità scissa. «Questo film si fonda su tre elementi: la morte, l’infanzia e la colpa» spiega la regista. «La doppiezza di Eva mi ha ispirato: è come se la sua parte maschile non riuscisse a confessare. Ho fatto un lungo lavoro sul primo piano con riferimento a Bergman».

IRAN – KHASTEGI di Bahman Motamedian

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Un rivoluzionario film di denuncia a metà strada tra documentario e finzione, ambientato a Teheran, su sette transessuali tra difficoltà d’accettazione in famiglia, problemi sul lavoro e una difficile ricerca d’identità nel rispetto delle norme religiose e sociali iraniane. Prezioso e necessario.

NORVEGIA – KIAERLIGHETENS VALG (UNA SCELTA D’AMORE) di Eirik Andreas SandakerUn emblematico documentario saggio di fine corso su Kaltham Alexander Lie, un noto attivista gay e musulmano rifugiato a Oslo. «Islam e omosessualità sono un tema tabù anche in Norvegia» spiega il regista. «Questo film non è tanto sull’Islam o sul cristianesimo ma sul concetto di libertà. Vuol essere una storia universale. È stato difficile realizzarlo: i gruppi islamici non parlano volentieri di omosessualità. Ho impiegato molto tempo a coinvolgere Kaltham in questo progetto. In Norvegia ci si può sposare tra uomini ma c’è il rischio che questa legge venga ribaltata».

SVEZIA – PATRIK 1.5 di Ella Lemhagen

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Una onesta commedia drammatica svedese dalla confezione accurata e con due strepitosi protagonisti, ideale per il grande pubblico. Göran e Sven (Gustaf Skarsgård e Torkel Petersson, perfetti) sono una coppia affiatata che è finalmente riuscita ad adottare un orfano svedese di un anno e mezzo, Patrik. Ma per un errore burocratico l’età non è di 1.5 anni ma 15, e il ragazzo è un bullo crimaloide e omofobo! Con notevoli sottigliezze psicologiche e un’ironia di fondo che lo rende davvero godibile, un’intelligente riflessione sulla paternità gay dal punto di vista sia della coppia che del genitore single. Il cinema scandinavo queer si dimostra sempre molto fertile e qualitativamente valido: avrebbe meritato il concorso. Progressista.

USA – ANOTHER GAY SEQUEL: GAYS GONE WILD! di Todd Stephens

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Meno riuscito del primo episodio ma con alcune scene davvero esilaranti – il pezzo musicale sul pissing, l’incubo horror in sauna, il trenino dell’amore con la colla al posto del lubrificante – ha fatto il pienone in Sala Uno: molti spettatori vogliono vedere commedie di questo tipo, ed è anche giusto che sia così. Il terzo capitolo della trilogia di Stephens, anche membro della giuria lungometraggi, sarà ambientato nello spazio.

 

Qui potete trovare i premi del festival: www.tglff.com.

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