La famiglia italiana è sempre più piccola, li dice l’Istat. Negli ultimi cinquant’anni la famiglia media italiana si è ridotta fino a perdere un membro, secondo l’istituto di ricerca infatti tra il 1971 e il 2021 il numero medio di componenti è sceso da 3,35 a 2,29.
Il 15% degli Italiani vive solo, mentre il numero di famiglie aumenta, passando da 24.611.766 del 2011 a 25.851.122 nel 2019. Nel 1971 erano 15.981.177. E sono proprio le famiglie unipersonali a crescere: nel 2019 il 35,1% delle famiglie italiane, pari a 9.073.852, sono composte da una persona. Nel 1971 erano il 12,9%.
Se da un lato crescono le famiglie unipersonali, dall’altro diminuiscono quelle più numerose. Nel 1971 le famiglie composte da cinque o più componenti erano il 21,5% del totale, nel 2019 sono poco più del 5%. Al Sud le famiglie numerose sono di più, il 6,9%, nell’Italia insulare il 5,5%, al Centro il 4,6%, nel Nord-est il 4,9% e neò Nord-ovest il 41%. Questa differenza era un tempo assai più marcata, se si pensa che nel 1971 una famiglia su tre al Sud era composta da più di 5 componenti, mentre nel Nord-ovest le famiglie numerose erano meno del 14%.
A incidere, su quella che ha tutte le caratteristiche di una vera e profonda mutazione del tessuto sociale, secondo l’Istat sono le trasformazioni economiche, l’invecchiamento della popolazione conseguente al calo delle nascite, l’ingresso di cittadini stranieri e la crescente povertà.
Nel paese che fatica a discutere di ius soli, matrimonio egualitario e riforma della legge che regolamenta le adozioni, la famiglia è continuamente al centro di un dibattito politico bugiardo, mistificatorio, sterile. La crescente povertà e l’incapacità del sistema sociale di dotarsi di processi che facilitino le persone nella costituzione di nuovi nuclei familiari, rende sempre più la famiglia italiana un soggetto unipersonale.
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