Com’è la situazione sul posto di lavoro per le persone LGBTQIA+ in Italia? Stand agli ultimi dati ISTAT-UNAR non proprio rosea.
L’indagine – che ha coinvolto circa 21mila persone, di cui il 95,2% dichiaratamente omosessuale o bisessuale – riporta che almeno una persona su cinque, occupata o non, ha subito abusi, atti discriminatori, o micro-aggressioni sul posto di lavoro: almeno 21,5% è composto da donne lesbiche o bisessuali, di cui sono giovani (26,7%), stranieri o apolidi (24,7%), e le persone che vivono nel Mezzogiorno (22,6%). Almeno il 46,5% parla di un clima ostile e aggressivo, con un 43,9% di umiliazioni e parolacce, e l’ampia maggioranza (45,6%) dichiara di aver ricevuto offese con riferimenti sessuali.
La metà delle persone intervistate dichiara di essersi unita civilmente, con due ragioni: la garanzia di alcuni diritti grazie all’unione civile (48,9) o la naturale evoluzione del rapporto (36,5%), mentre solo il 7,6% per rivendicare i diritti delle coppie omosessuali e il 4,6% per ufficializzare il legame in famiglia e società – in quasi tutti i casi, famigliari e conoscenti sono a conoscenza della coppia e del orientamento sessuale, e solo il 4,8% o 6,4% degli intervistati il coming out ha generato feedback negativi.
Tuttavia, almeno il 38,2% delle coppie, tutte residenti in Italia, ha riportato almeno un episodio omofobico negli ultimi tre anni: il 16,7% da parte dei vicini di casa; il 13,1% in luoghi pubblici come uffici, negozi etc, e il 10,4% nel contesto sanitario. Il 16,8% si è trasferito in un altro paese, mentre al 3,4% all’estero. Almeno il 71,7% delle persone LGBTQIA+ intervistate ritiene siano urgenti delle attività di formazione e sensibilizzazione o campagne sulle diversità all’interno delle istituzioni pubbliche: ben l’89,1% è favorevole all’approvazione di una legge nazionale contro l’omobitransfobia e il 74,8% a introdurre maggiore sicurezza sul posto di lavoro per le persone LGBTQIA+.
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