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Stranger Things e la riscoperta di un’icona queer, sua maestà Kate Bush

La generazione Z ha da poco riscoperto la cantante, ma la comunità LGBTQ+ la ama da sempre.

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Oltre a essere una delle serie tv di maggiore successo degli ultimi tempi, Stranger Things si è affermata come catalizzatore culturale di mode e tendenze. Il minimo riferimento a momenti di cultura pop dei mitici anni in cui è ambientata diventa immediatamente virale grazie a una nuova generazione social che è ben disposta a ricevere gli input più iconici e vintage.

Vi starete chiedendo cosa c’entri la serie creata dai fratelli Duffer con un articolo su Kate Bush. Ebbene, se la sua prima stagione aveva riportato in auge un classico rock come Shoud I Stay or Should I Go dei The Clash, ora è la volta di una delle cantanti alt-pop più in voga negli anni Ottanta con la sua Running Up That Hill (A Deal With God).

Sia messo a verbale, Kate Bush non ha mai avuto bisogno di essere riportata in auge. Le sue canzoni hanno continuato a rappresentare un pilastro anomalo della musica pop per tutti questi anni. Anomalo perché il suo universo musicale è un mondo costruito con atmosfere eteree e quasi da fiaba, e perché la maggior parte dei suoi successi sono stati scritti e prodotto da lei stessa – cosa che non era scontata per una donna così giovane in quegli anni.

Kate Bush Gay.it
Kate Bush nel video di Breathing

Se ora le nuove generazioni si stanno riavvicinando alla sua musica e la stanno riscoprendo come l’icona queer che è sempre stata, è bene ricordare come Kate sia stata per decenni l’idolo di donne lesbiche e persone queer che trovavano in lei un punto di riferimento, una via di fuga dalla mondanità e dalla realtà verso un mondo più colorato e vivace.

E che mondo, quello creato dalla sua mente visionaria! Il primo brano che l’ha consacrata al successo è del 1978, Wuthering Heights: lo scrisse in una sola notte quando aveva diciotto anni, venne registrato in uno studio mal messo alle quattro del mattino in una sola ripresa, il video fu filmato in campagna, con lei che ballava in mezzo a un campo senza una precisa coreografia o direzione. Il tutto senza aver nemmeno letto il libro di Emily Bronte. Un atteggiamento da leggenda, senz’altro. Soprattutto considerando che il brano volò in cima alle classifiche nel giro di poco tempo.

Kate Bush fu anche tra le prime a scrivere una canzone apertamente pro-LGBTQ+ negli anni Settanta. Kashka From Baghdad racconta la storia di una donna che osserva una coppia gay che vive nella casa di fronte alla sua. I due escono solo di notte, perché temono la persecuzione, ma nel testo la donna sogna di poter vivere con loro perché, dice, «conoscono il modo per essere felici».

Anti-conformista e ribelle, la sua arte ha trovato una casa nella comunità LGBTQ+ perché lei stessa si è conquistata orgogliosamente un posto – tutto meritato – al di fuori del mondo etero. Non solo musicalmente, anche il suo stile ha fatto spesso discutere le pagine dei tabloid. Gli indimenticabili scatti che la ritraggono mentre indossa un completo tweed con tanto di giacca e cravatta devono aver fatto perdere la testa a parecchie donne queer.

Kate Bush Gay.it
Kate Bush in tweed, un sogno

Negli anni la sua produzione è diventata sempre più sporadica e saltuaria, ma è bastata la sua ricca produzione di due decenni a consacrarla all’immortalità. E ancora oggi ascoltare per la prima volta le sue note è un’esperienza indescrivibile. Se siete state lesbiche adolescenti negli ultimi decenni, è probabile che qualche sua canzone sia finita nella vostra playlist.

Sono passati 35 anni da quel 1985, quando Running Up That Hill (A Deal With God) comparve sulle radio e nei negozi di dischi. E come per magia la canzone è tornata in vetta alle classifiche. Come ingredienti sono bastati Stranger Things, un segmento di episodio postato su TikTok e quasi 500.000 che l’hanno usata come base nel giro di pochi giorni, et voilà: al quinto posto nella Billboards’ Hot 100, superando le vendite di Lizzo la settimana precedente, e prima su Spotify per dieci giorni consecutivi, spodestando nel Regno Unito anche Sua Maestà Harry Styles e la sua As It Was.

Il tutto sta facendo pensare che la sua longevità sia destinata a durare ben oltre il clamore della viralità. 35 anni dopo Kate Bush torna ad essere celebrata come l’icona queer che è sempre stata e le nuove generazioni hanno solo da guadagnare nello scoprire tutta l’eredità che accompagna il suo nome. Ed è la cosa più bella che ci sia.

Kate Bush Gay.it
Kate Bush, icona queer e icona di stile

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